mercoledì 8 aprile 2020

Nessun cerimoniale siamo piemontesi


Da sempre uno degli aspetti che caratterizza Governi e reami è quella legata alle forme protocollari servono per dare un contegno se vogliamo antico di un certo modo di comportarsi, una sorta di bon ton in cui è possibile trovare antichi retaggi. Un protocollo diplomatico modello ancien regime che anche nel periodo risorgimentale soprattutto fra le varie casate europee aveva un certo seguito. Ma Torino, dopo l’infausta campagna della prima guerra d’indipendenza era rimasta una delle poche corti in cui si cercava di guardare al futuro con idee nuove e assolutamente non barocche. L’intensificarsi delle attività diplomatiche porta come conseguenza l’incontro con nuove abitudini e nuovi costumi e atmosfere internazionali. Le novità protocollari si scontrano però con la sobrietà tipica dei piemontesi che proviene da una tradizione per certi versi militare e agricolo - Ne abbiamo una riprova nel 1852 quando scompare l’ex ministro degli interni Pier Dionigi Pinelli che aveva fatto parte del dicastero di Massimo d’Azeglio agli avvenimenti politici di anni intensi e travagliati compresa la successione tra Carlo Aberto e Vittorio Emanuele. IL Consiglio dei Ministri per onorare la dipartita decise di proporre al Re di inviare un suo rappresentante in forma ufficiale ( e si pensò al successore di Pinelli tal  Alessandro Pernati di Momo) ai funerali con la dicitura che in altri paesi europei come Francia e Belgio questa era l’usanza in corso. Questa prassi che non venne discussa in anticipo con Sua Maestà non incontrò il favore di Vittorio Emanuele che rispose in modo molto seccato al Ministro degli Interni. Una lettera molto piccata: “Caro Pernati io mi attengo alle usanze del Piemonte e non certo a quelle francesi o belghe e non cambio assolutamente parere. Già mi sembra uno sproposito che si mandi tutta la guarnigione, il Consiglio dei Ministri avrebbe dovuto parlarmene in anticipo e non farsi certo dettare legge dai Deputati A rivederla domani o dopodomani”. Insomma non proprio un buon rapporto del Sovrano con gli esponenti del Governo, rapporto che prosegui e fu ancora più aspro con Cavour, il quale al Re non le mandava certo a dire

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