giovedì 23 aprile 2020
Un biellese rivoluzionario
Chi dice che i biellesi siano gente riservata tutta dedita al lavoro senza troppi grilli per la testa probabilmente non ha mai conosciuto Giovanni Battista Marocchetti, una vita da rivoluzionario, da sobillatore, e da partecipante a vari moti popolari. Nasce in Riva, quartiere storico della città di Biella, penultimo di dieci fratelli appartenente a una classe sociale medio alta. Si laurea in legge a Torino, ma si percepisce fin da subito che il lavoro e la scuola non sono altro che espedienti per incontri e per organizzare proteste e moti rivoluzionari. Partecipa in vario modo a quelli del 1797, a quelli del 1821, del 1830, ma si tratta di imprese che non portano da nessuna parte. Viene condannato in contumacia più volte, la sua effige viene messa all’indice e vive da fuoriuscito a Parigi. Tornerà nella natia Biella solo alla fine del suo peregrinare negli anni quaranta dell’800. Oltretutto pur se promotore di rivoluzioni riesce sempre a farla franca e a scapare alla forca. Nel 1797 la sommossa partita dalla sua villa in città, porta all’arresto di oltre duecento biellesi e di questi una buona parte saranno passati per le armi, ma non lui. Dopo aver soggiornato a Milano e aver conosciuto la crema dei letterati dell’epoca parte con una armata decisamente Brancaleone alla volta di Domodossola ma l’esercito regolare ne contrasta gli ardori e proprio nella città piemontese scampa miracolosamente a un’altra fucilazione: vaga per Casale, Arona, Losanna, Vaux, Marsiglia ottiene anche alcune cariche, come sottoprefetto di Voghera e senatore a Parigi, ma si tratta di titoli di breve durata. Ottiene l’Amnistia piemontese alla nozze di Vittorio Emanuele II nel 1842 e così, pur se anziano, può tornare alla natia biella dove la sua casa diventa meta e pellegrinaggio di patrioti come Casati. Fa in tempo a vedere promulgato lo statuto Albertino e a intravedere un po’ di speranza patria con i primi anni di Vittorio Emanuele anche se la morte lo coglie 91enne nel 1851 confortato dall’Amico Monsignor Losana, vescovo della città. Curiosamente fece affiggere una targa sulla porta della sua casa in latino: Nunc dimittis servum tuum Domine (lascia che il tuo servo vada in pace o Signore) , anche se si mormora che la sua ultima parola sia stata Italiam
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Contro la Corrazzata Reggio Emilia si lotta fino alla fine
Si andava in casa della capolista contro un gruppo che non ha mai perso e ha solo concesso un pareggio nelle partite precedenti. L’abbiam...
-
Finale convulso al Palabrumar a 59 secondi dalla fine Borgnetto si accascia a centrocampo mentre aveva la palla, Boscaro si invola e Tres D...
-
(fonte www.arkistudio.eu) TUA MADRE E’ MORTA La parola Collegio ha sempre evocato nelle menti di tutti una connotazione negativ...
-
La partita perfetta non esiste di solito, ma quella disputata al Palabrumar, oggi, per l’Orange Futsal ha tutti i crismi per diventarla. U...
Nessun commento:
Posta un commento