Il calcio credo sia una parte indelebile
della mia vita, fatta di partite viste allo stadio in giro per l’Europa e in Italia,
passando dal Silvio Piola di Novara (a commentare una partita per il Foggia) fino
alla finale di Champions (pardon all’epoca si chiamava ancora Coppa dei
Campioni) al Camp Nou a Barcellona. Ma come non dimenticare i Pompeys del
Portmouth o i belgi del Mouscron, gemellati con Biella, o lo spareggio tra
Biellese e Casale al Natale Palli della cittadina piemontese. Ho organizzato pullman
di tifosi per San Siro portando numerose scuole calcio al primo anello verde e
ho iniziato al tifo mio figlio in una domenica di aprile con Milan Empoli
decisa da un rigore di Andrea Pirlo. Ho soggiornato sui gradoni del tifo di San
Siro che all’epoca si chiamavano parterre, così come nel secondo anello blu a
San Siro, anche nel derby ripreso da Abatantuono nel film Eccezzziunale
veramente 2. E un aspetto mi ha sempre rinfrancato e fatto felice, al di là del
risultato che non sempre poteva essere favorevole, il clima di festa e di
partecipazione di quelli che, non a caso, possono essere considerati eventi
unici. Da piccolo sono stato per ore ad ascoltare la radiolina (rigorosamente
rossonera) e a sognare episodi calcistici a volte favorevoli, finale di Coppa Italia
con i rigori parati da William Vecchi, oppure sfavorevoli con il Manchester
City di Taylor Hartford e Kidd. E abbiamo visto evolversi il gioco del pallone,
che non poteva rimanere sempre uguale, quanta strada da Niccolò Carosio ad
oggi, la vecchia Champions se andava bene 9 partite per arrivare in finale,
alla sentenza Bosman, ai gironi, alle televisioni che hanno preso il
sopravvento, agli stadi sempre più oggetto di promozioni e di attività
commerciali (ad esempio lo Stadio Louis II di Montecarlo), ai procuratori
trattati come star. Ora tutto questo can can sulla Superlega francamente mi
sembra spropositato, come se fosse l’eterna lotta tra i ricchi e i potenti da
un lato e i poveri dall’altra (chi gestisce una società di calcio sia in Italia
o in Premier non si può dire certo poveretto, facendo un banale esempio non si
può proprio dire che il Presidente del Torino sia certo un parvenu). Negli anni
ottanta il Mundialito per Club, intuizione di Berlusconi, aprì il calcio a
nuovi scenari e fu un successo, i gironi di Champions nacquero li e il calcio diventò
mediatico. E l’arena del football esigeva sempre nuovi campioni e sempre nuovi
tributi. Veder giocare Messi, Ronaldo, Ronaldinho, Rivaldo, Maradona, Careca è
sempre stato uno spettacolo, anche se, per chi organizzava, vuol dire fare
investimenti e spendere grandi cifre (ricordo il famoso trasferimento di Beppe
Savoldi al Napoli per una cifra di poco superiore al miliardo di lire e già
allora parecchi commentatori a dire dove andremo a finire). Il campionato del
mondo organizzato dalla Fifa in Qatar, d’inverno, è forse un atto di umanità
per le popolazioni del luogo? E allora smettiamola con questa ipocrisia, le
società sono aziende e come tali devono programmare e gestire investimenti e
ricavi, la passione e il tifo dei tifosi rimarrà sempre a prescindere, sia che ci
sia la superlega o che rimanga l’attuale sistema perché poi, quando l’arbitra
fischia il calcio d’inizio, siamo tutti li pronti a tifare per i nostri colori.
lunedì 19 aprile 2021
Pallaaaaaaaaaaaaaa
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