Ciao Papà
Sono da poco passate le otto di
sera del 16 dicembre 1942 qui a Vescenkaja fa un freddo cane, un buio spettrale
che non promette niente di buono, il termometro ieri è arrivato a meno 15, il
fiume è ghiacciato e ogni sera i bagliori che vediamo all’orizzonte in
direzione di Stalingrado sono sempre più forti, chissà cosa sta accadendo là.
Qualche giorno fa abbiamo visto un’autoblindo carica di mitragliatrici MG42 con
moltissime munizioni a bordo e alcuni soldati tedeschi che avevano una faccia
che non lasciava trasalire emozioni, Quasi rassegnati al corso della guerra.
Dicono che in quella città si stia combattendo casa per casa, una guerra dura,
sporca, senza quartiere, senza domani. Qui invece in confronto sembra tutto
molto più calmo, ma da quello che sentivamo presto toccherà anche noi. I rumeni
che stanno più sotto, così dicono alcuni commilitoni, hanno preso alcuni prigionieri
che dicono che l’attacco russo sia imminente. Io ho paura, sono a più di mille
chilometri da casa, riusciremo a reggere ? perché ho accettato questo incarico
? certo in tempi di magra, uno stipendio, da soldato, va bene. Ma mi manca la
Belaria, mi manca la campagna, penso ai figli di Beppe, Ester e il piccolo
Adriano, con quegli occhietti vispi e curiosi, penso alle mie sorelle, a tutti
voi che vi ho lasciato a Ponderano e mi chiedo se rivedrò ancora il Ciucarun.
Le sensazioni e le speranze ci sono ma qui siamo in mezzo al nulla, alla neve,
al gelo in una terra ostile, con un abbigliamento militare che lasciamo perdere,
fare la guardia vuol dire rischiare di perdere le dita per il gelo. Scrivo
questa lettera con le mie sensazioni, ben sapendo che potrei incorrere nella
censura ma cosa siamo venuti a fare qua……..
Questa mi immagino sia l’ultimo
scritto dal fronte di mio zio, una lettera pensata e mai scritta, o forse
scritta e andata perduta in quel caos che fu la ritirata. Lui faceva parte del
54 reggimento Umbria (artiglieri) della divisione Sforzesca che costituiva
insieme al 53 fanteria, che partì da Biella il 22 giugno 1942, una delle sette
divisioni che costituiva l’Armir. Ricordi e testimonianze dicono che forse
saltò in aria il 20 dicembre 1942 a seguito di un bombardamento nei pressi
della stazione ferroviaria. Mi auguro che sia stato così una morte, pur se
orribile, immediata e che non abbia dovuto patire la ritirata, la prigionia e
stenti di una follia che fu la seconda guerra mondiale. Quest’anno ricorre il
centenario della tua nascita, un atto doveroso ricordarti e se le tue spoglie
mortali sono rimaste nella steppa russa, il tuo ricordo vive in mezzo a noi che
ne siamo i tuoi eredi.
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