Se in passato avevamo parlato di Pertinace come il piemontese
di Alba che cercò di combattere la corruzione a Roma alla morte dell’imperatore
Commodo ma non riuscì nell’intento e ci lasciò la pelle. Agli onori della
cronaca, ultimamente, è balzato l’imperatore Didio Giuliano che comprò la
carica per 25.000 sesterzi e rimase in sella anche lui per soli tre mesi. Se il
II secolo dopo Cristo era stato agli albori quello della massima espansione di
Roma, l’opulenza e la forza di quel periodo crollò miseramente alla morte di
uno dei suoi imperatori più riconosciuti il filosofo Marco Aurelio. La corruzione
e il ladrocinio regnavano sovrane, si faceva strada comprando cariche
onorifiche, che però era un must di Roma, all’epoca chi governava lo faceva perché
o era di famiglia di censo, e si comprava il cursus, oppure attraverso il bottino
di guerra. E non fu da meno anche il successore che creò la dinastia dei Severi
e che non esitò a sbarazzarsi di senatori a lui ostili, ammazzandoli e mettendone
di più fedeli alla propria linea. Insomma denaro corruzione e politica la facevano
da padroni nella più profonda era imperiale di Roma
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