Devo proprio essere un matusa io
ho sempre pensato che Vae Victis fosse l’allocuzione latina che si rifà alla
storia della prima discesa a Roma dei Galli capitanati da Brenno che saccheggiarono
la Città eterna, dopo la vittoriosa, per i celti, battaglia di Allia nel 390
a.c. e pretesero e imposero un pagamento in oro consistente che solo l’ardire
di Furio Camillo (pare leggenda) riuscì a contrastare. Ebbene da ieri ho
scoperto che è il nome dato a una discoteca all’inizio degli anni 90 a un
famoso videogioco e a un parastinchi. E ovviamente si è subito scatenata una
polemica simil storica pronti a dare patenti di adesione a una fazione piuttosto
che a un’altra. Sorrido pensando a un campione dell’arte pedatoria che ha
bisogno di uno stimolo latino per ringhiare sulle caviglie avversarie, forse paragonandosi
a un legionario romano pronto a non voltare mai le spalle al nemico. Eppure la
storia che inneggia a esempi di grande ardimento spesso e volentieri racconta
di catastrofi militari, di fughe impietose, di ritirate strategiche e di
massacri epocali (Canne, Teutoburgo, Carre solo per ricordarne alcuni di
famosi). L’iscrizione è vero serviva per infondere coraggio, poi però dovevi
scendere sul campo e fare di necessità virtù. Di Leonida, tanto per citare un
altro esempio, questo spartano, vissuto un secolo prima di Brenno, non ne sono
esistiti molti. Forse varrebbe la pena di insegnare ai viziati giocatori di football
che la vita del legionario era dura, anni lontani da casa, lunghi periodi
oziosi a centinaia di chilometri, una vita passata a costruire e a disfare
accampamenti quando in marcia, a spendere la diaria alla ricerca di compagnia
femminile in luoghi lontani e come unico pensiero il ritorno a casa dopo anni a
fare la vita contadina e a mettere su famiglia. Niente di così eroico, e, se si
combatteva, era meglio non essere feriti, o la morte oppure rimanere illesi, le
ferite, se non curate portavano comunque alla dipartita e a un gita senza
ritorno nei Campi Elisi. Quindi meglio evitare i detti latini o se proprio ne
devo citare uno mi piace quello che avevano gli opliti, i fanti della prima
linea, sul loro scudo (qui vincit non est victor nisi victus fatetur – chi vince
non si può considerare tale se il vinto non lo riconosce), certo però che in
quel caso hai voglia a metterti un parastinco con quella scritta – non ci stà
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