Niente non riusciamo proprio a
farcela a lasciarci il passato alle spalle e a studiarlo per quello che è. Il revanchismo
è una delle colonne sonore della nostra vita e l’emblema dell’esecrabile
spiaggia di Chioggia ne è un fulgido esempio. Inneggiare al bel tempo che fu di
un periodo oscuro e con un sacco di problemi, oltre che un esercizio pericoloso,
è quanto mai deleterio e irto di spine. Condannare a pene che prevedono il
carcere per gente che vorrebbe tornare indietro al 1942 è quanto mai stupido, perché,
nel gabbio, diventerebbero ancora più incancrenite nei loro pensieri.
Condannarli a studiare quello che avvenne forse sarebbe più intelligente, così
magari scoprirebbero verità inconfutabili che la storia ci ha tramandato. I
partigiani di quel periodo diranno comunque che la storia la scrivono i
vincitori, certo questo è vero, e io soggiungerei meno male che ha vinto una
certa parte, altrimenti andremmo ancora tutti in giro con i fasci littori e la
camicia nera ostentando una grandezza che non c’era e non vi è mai stata. Un
partito che ha preso il governo con la forza (e non certo per la parata del 28
ottobre 1922), uccidendo i propri avversari politici, non merita attenzione (da
Matteotti a Gobetti, passando per Amendola e per tutti gli oppositori di quel
regime che nella migliore delle ipotesi finirono al confine, non è certo stimolo
per una normale dialettica politica). Un Duce, condottiero che voleva una
grandissima nazione guerriera, ma, che, alla prova dei fatti, naufragò, colpa di
strategie, di comandanti lacchè, che mandavano allo sbaraglio i propri soldati,
sotto il motto credere, obbedire, combattere. Poi gli stessi giacevano morti
sulle pietraie dei monti greci, nelle steppe ucraine congelati a sessanta gradi
sotto lo zero, prigionieri nei gulag russi, sui fondali marini del Mediterraneo,
sulle distese desertiche di Alam Alfa. Gli stessi soldati che si ribellarono a
Cefalonia e che furono massacrati a migliaia, così come nei campi di
concentramento tedeschi con l’avvallo di quel Duce, che permise la lotta
fratricida nell’Italia del Nord. Le efferatezze della Brigata Nera Tagliamento
colpirono duramente nel nostro biellese (Mottalciata, Salussola solo per
citarne alcune). Si viveva bene sotto il Fascismo ?? Assolutamente no, uno
stato assistenzialista ma solo per i potenti, in cui la corruzione dilagava
galoppante e la delazione era un elemento di spicco. I fascicoli dei cosiddetti
sovversivi sarebbero da studiare a scuola per l’empietà di quello che vi viene
riportato. Su una cosa Mussolini era invece veramente bravo: la propaganda,
frasi ad effetto e controllo della comunicazione, mestiere che aveva imparato
fin dalla prima guerra mondiale in cui era passato dal neutralismo all’interventismo
con una facilità estrema, naturalmente prezzolata per alti fini e interessi di
bottega. Davvero i nostalgici vogliono tornare a quel periodo fulgido in cui se
non la pensavi come il capo, partivi per una destinazione ignota, che se andava
bene era a centinaia di chilometri da casa controllato, se andava male eri
terminato nelle camere a gas (perché comunista, zingaro, ebreo, omosessuale e
disabile) ?? Il guaio della nostra Nazione e anche delle altre è che l’uomo
tende a dimenticare le nefandezze commesse, una sorta di oblio pericoloso che riporta
in auge pensieri che dovrebbero essere sotterrati. Nietzsche parla della teoria
dell’eterno ritorno che Woddy Allen in un film (Hannah e le sue sorelle)
stigmatizzava e aborriva affermando che avrebbe dovuto ancora vedere “Holiday
on ice”; ecco io il film del Fascismo in Italia e nel mondo non vorrei proprio più
vederlo.
martedì 11 luglio 2017
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