sabato 14 dicembre 2013

Vittorio Il Milan è nostro, lo è sempre stato e lo sarà per sempre

Caro Vittorio, mi permetto di darti del tu perché ci accomuna non solo il lavoro, ma anche per quella chiacchierata che facemmo qualche mese fa a Dogliani al Festival della Tv su quel piemontese mandrogno che è stata la bandiera della nostra squadra negli anni sessanta e settanta. Il tuo grido di innamorato ferito percosso da troppe buriane societarie e sportive degli ultimi anni, e ormai provato dalla deriva degli ultimi mesi, ha scatenato in me la stessa ridda di pensieri che sono alla base del tuo ragionamento. Quante volte il sottoscritto di area politica difforme rispetto ai desiderata del nostro Presidente è stato preso dallo sconforto per come viene gestito questo crepuscolo degli dei rossoneri. 

Vedere una partita come quella contro l’Ajax di De Boer con una tattica catenacciara unica e i match contro squadre mediocri del campionato con la consueta fatica per portare a casa il risultato, spingerebbe anche il più paziente dei tifosi a gettare la spugna. Eppure chi ha nel suo Dna i colori rossoneri conditi con le visioni di partite storiche e meno enfatiche viste nel parterre, che ha macinato centinaia di chilometri per vedere le casacche rossonere, che ha sofferto il freddo e il caldo, che ha mangiato panini improbabili cedendo la sua salute per poter urlare almeno una volta Milan Milan alla Scala del Calcio, non può abbandonare la sua passione e i suoi colori. Lo hai detto tu, nemmeno nel 1994, all’apice del Berlusconi politico abbiamo mollato consapevoli che alla fine l’amore per i propri colori supera l’inimmaginabile. Il sinistro cognome dell’allenatore in questo periodo buio, la Diarchia che si va instaurando, vera o presunta che sia, sembra ripercorrere i passaggi del tardo Impero Romano con lo smembramento dello stesso, di fatto anticamera della caduta definitiva e totale. 

Sarà questione di tempo, ma credo che la Famiglia Berlusconi abbandonerà il nostro Milan, per esigenze economiche di rappresentanza e di chissà cosa, ma non mi importa. Si aprirà un'altra storia, un successivo segmento che mi auguro carico di successi. Tutto ciò è nel nostro DNA, tifosi abituati a soffrire, a cadere, ma poi a risorgere e per un Calloni, una Verona e una fatale Istanbul abbiamo dei contraltari decisamente importanti: la prima coppa vinta a Wembley, Gianni Rivera, le sette Champions, Van Basten, Savicevic, Sheva, Weah. Nell’attesa di un nuovo ciclo racconta ai tuoi nipoti quanto è bella la nostra storia e quanto dobbiamo a  Herbert Kilpin. Il Milan è nostro, lo è sempre stato e lo sarà per sempre

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