In questo anno maledetto per una
pandemia che ha tagliato relazioni e prospettive e che ha relegato i contatti spesso
alla sola rete, ci sono notizie che sconvolgono e lutti che lasciano il segno.
Ricordare amici, parenti e conoscenti che hanno intrapreso un viaggio diverso
diventa quasi un elemento catartico volto proprio a ricordare chi ci ha lasciato
e a tramandare al futuro i geni di un rapporto sicuramente privato, lontano nel
tempo, ma molto intenso. Parlo di famiglia, di contatti con una generazione di
coetanei, frutto di una tradizione famigliare mantovana, di storie di
emigrazione, ma storie di fortuna, di viaggi, di contatti di umanità e di
fratellanza. Penso a Paulo Zapparoli figlio di cugine, che trasporta nel Dna i
geni di una tradizione agricola, gastronomica, forte, legami che non si
spezzano, ma che, anzi, con migliaia di chilometri di lontananza si rafforzano.
E così tornano alle mente non storie ma il vissuto, la storia di due ragazzi
Paulo e Marco che ho imparato a conoscere e ad apprezzare, soprattutto sul loro
peregrinare in gioventù in Europa. Paulo era una persona di relazioni, un
politico e che ha dedicato tanta parte della sua vita, ai contatti alle
relazioni internazionali, magari qualche volta non si era d’accordo su alcuni
temi, ma la discussione, mi ricordo, non mancava. Era una persona che aveva
attaccamento per le sue origini e per la sua terra e non mancava di fare
sentire la sua presenza sulla tua attività, quante volte si è fatto sentire
così. Il Brasile o meglio San Paolo l’ho sempre considerato come una seconda
patria, proprio per la vicinanza di Paulo e Marco, quante volte si è
fantasticato di un viaggio in sudamerica a rimembrare di tempi passati e ora
sentire dalla voce di Marco la ferale notizia della sua dipartita, mi ha rattristato
parecchio. Boa Viagem Paulo, ponte tra la vecchia Carbonara e il nuovo mondo
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