Oggi il mondo ricorda lo scoppio della bomba atomica su Hiroshima, simbolo del potere distruttivo dell’uomo e di una guerra che ha segnato per sempre l’umanità. È giusto riflettere sul dolore, sul crimine che è stato commesso e sul pericolo permanente legato all’uso del nucleare come arma. Tuttavia, si riflette ancora poco su come si sia arrivati a quella tragica decisione.
Nel cuore della Seconda guerra mondiale, anche la Germania nazista era sulla strada dell’atomo. Le V1 e le V2 di Hitler erano armi anticipatrici, e se la bomba fosse arrivata nelle sue mani prima che in quelle degli Stati Uniti, l’esito sarebbe stato davvero apocalittico. Non meno pericolosa era la visione del Giappone imperiale: una cultura militare in cui la morte aveva un valore superiore alla vita, esaltata dai kamikaze, nati proprio in quel contesto.
La bomba fu usata dagli americani per fermare una guerra che, altrimenti — secondo molti storici — avrebbe richiesto lo sterminio pressoché totale della popolazione giapponese, a causa della resistenza fanatica e dell’indottrinamento collettivo. Per comprendere appieno la portata di quella visione, basta guardare all’orrore della battaglia di Okinawa: uno scontro durato 82 giorni, teatro del più grande massacro civile del conflitto nel Pacifico, con oltre 200.000 vittime tra militari e civili giapponesi.
La bomba atomica fu, piaccia o meno, il cosiddetto “male minore”.
Questo non cancella il dolore, né assolve l’orrore. Ma ci ricorda che la storia è fatta anche di scelte tragiche, spesso senza alternative semplici. Il feroce nazionalismo giapponese, unito a una cieca idea di superiorità, aveva sacrificato ogni forma di buon vivere, trasformando la morte in culto e l’impero in ideologia assoluta.
Ricordare Hiroshima significa anche riconoscere come quella data fu l’epilogo di una filosofia imperialista e nazionalista portata all’estremo. E ci insegna, ancora oggi, quanto sottile sia il confine tra civiltà e abisso, e quanto la pace vada protetta con consapevolezza, memoria e verità storica, evitando il più possibile ogni deriva nazionalista.

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