sabato 23 agosto 2025

HERE WE GO VS ANDIAMO INSIEME. chi vince ?


 

Here we go. Tre parole secche, un suono che è diventato un marchio. È la frase del momento, l’urlo che anticipa l’azione, il segnale che tutto sta per iniziare. Un inglesismo mutuato dal grande calcio, da quelle breaking news che annunciano colpi di mercato e nuovi inizi. Ma nel mondo del futsal – e dello sport in generale – ha ormai assunto una vita propria. È diventato un grido di battaglia. Un’energia che prende forma in bocca ai giocatori, negli spogliatoi, prima di entrare in campo.

Ha preso il posto di “Vamos!”, che per anni ha fatto vibrare parquet e cuori. Ha rimpiazzato anche quel classico “Uno, due, tre a cui si aggiunge il nome della squadra che serviva a saldare il gruppo in un momento di unità e fuoco prima di cominciare il match.

Oggi non serve più la frase lunga, il discorso motivazionale, la liturgia. Serve l’urlo, l’interiezione, la botta di adrenalina. Here we go è tutto e subito. È dinamite verbale. È la voce del presente, il linguaggio del football globale che ha bisogno di colpire in un secondo, senza giri di parole.

Ma in questo cambio di lessico si perde anche qualcosa.

C'è chi, come il sottoscritto, con un pizzico di nostalgia, ripensa a quel monologo leggendario di Al Pacino in Ogni maledetta domenica: lì c’era la forza della parola lenta, del crescendo emotivo, del significato che ti entra sotto pelle. C’era la prosa che accendeva la motivazione, la voce che raccontava il dolore, la fatica, la voglia di vincere insieme e di fare gruppo.

L’inglese è perfetto per la battaglia: tagliente, efficace, da impatto immediato. Ma l’italiano – con la sua musicalità, la sua complessità, le sue mille sfumature – non è fatto per l’urlo, quanto per l’eco.

Il nostro linguaggio non scalda i cuori con un colpo secco, ma sa accendere fuochi che durano. Non ti lancia in campo, ma ti accompagna. Non ti ordina di combattere, ma ti spiega perché farlo. È la lingua delle lettere d’amore e delle poesie, delle grandi arringhe e dei sogni sussurrati. Non è un here we go, ma un “Andiamo. Insieme.” Forse è per questo che nello sport italiano c’è più cuore che show, più passione che scena. E forse è per questo che, pur gridando here we go, nel profondo continuiamo a sentire la voce antica della nostra lingua. Una voce che non urla, ma resta.


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