Storia e football non sono così
distanti come può sembrare e, quando si dice che la storia dell’uomo ruota sempre
attorno alle solite cose e le esigenze sono sempre le stesse, vale la pena di
soffermarsi sui dettagli. Siamo a metà del 1800, gli stati nazionali sono
ancora al di là da venire ma, dopo il periodo napoleonico, in tutta Europa, c’è
un fermento per quelle popolazioni che cercano di costruire il loro Stato
unitario e se nel 1830 i greci l’avevano trovata scrivendo pagine gloriose sul
Missolungi (Byron), l’Italia che era ancora in nuce, grazie a un nutrito gruppo
di esuli in Francia e in Inghilterra aveva un sacco di simpatie. A maggior
ragione un nutrito gruppo di fan amava (non esisteva ancora Istagram) Giuseppe,
detto Peppino, Garibaldi per le sue imprese al limite dell’impossibile. l’Uruguay
(non quello di Suarez e Cavani) l’impresa Romana (Totti non c’entra) ma soprattutto
la liberazione dal Sud Italia, non fu clamoroso al Cibali ma a Calatafimi e al
Volturno si erano tutti passaggi per la gloria e le camice rosse erano diventate
un simbolo di cui si parlava in tutta Europa. Fu così che nel 1865 in
Inghilterra un gruppo di amici fondò la terza squadra di calcio presente nell’isola
(la prima il Notts County) era il Nottingham Forest e come colore di maglia si
scelse il rosso Garibaldi in onore proprio dei prodi garibaldini (grazie Andrea
Santangelo per averlo ricordato). Nottingham ebbe il suo momento di gloria alla
fine degli anni 70 del secolo scorso: un campionato inglese, ma soprattutto due
Champions League, piccolo tra i potenti seppe imporre la sua legge calcistica prima
dei grandi squadroni e se vogliamo un parallelismo con le truppe capitanate dal
nizzardo Beppe ci sta proprio tutto. Ancora oggi quando un giocatore gioca come
Luther Blisset al Milan, tanto per fare un paragone credibile, i tifosi del
Forrest dicono: he’s not fit to wear Garibaldi
lunedì 1 maggio 2023
Il Nottingham Forest che scelse il colore della maglia in onore a Garibaldi
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