lunedì 29 maggio 2023
La meglio gioventù dell'Orange alle finali nazionali a Pesaro il 2 giugno
I codici latini: non scholae sed vitae discimus
Sicuramente non ho la
predisposizione informatica di Hadi Partovi, nè sapevo dell’esistenza di
chatbot un software che simula ed
elabora le conversazioni umane (scritte o parlate), consentendo agli utenti di
interagire con i dispositivi digitali come se stessero comunicando con una
persona reale (però che tristezza). Ma l’intervista rilasciata dall’ingegnere
iraniamo mi ha lasciato perplesso quando dice che oggi, meglio sapere cos’è un
chatgpt piuttosto che soffermarsi sull’antico e vetusto latino. Ovvio personalmente
aver ripensato alle ore perse e dedicate alle traduzioni ciceroniane durante il
liceo, i dolori di versioni in cui prendevi meno due (metodo Dotto allo
scientifico) e i recuperi che effettuavi. Poi però ripensi a quello che hai
studiato e imparato, il latino non era un esercizio finalizzato alla conoscenza
di una lingua morta, ma proprio per il suo carattere, l’apprendimento ti
abituava a usare schemi e codici, a sviluppare una conoscenza non solo
didattica e mnemonica, ma anche a ragionare. Le massime latine, il loro dono
della sintesi, la capacità di essere presenti in tutti i campi dell’istruzione
e della scienza. Ora la tecnologia è importante e il futuro si giocherà anche
su algoritmi e codici, ma forse, chi parla, dovrebbe anche pensare che tutto
questo futuro proviene proprio da li, dalla capacità di persone di trovare
sempre nuove formule e percorsi. I cosiddetti e sbeffeggiati umanisti alle
volte sono più pratici degli ingegneri e sono abituati a pensare “openminded”
per cui meglio un ora in più di latino, aiuta, credimi, caro Hadi.
sabato 27 maggio 2023
Illumina ....boa sorte Rudy
Credo di aver scoperto il futsal e
Asti una decina di anni fa, anche se faccio il cronista sportivo da sempre,
dello sport e di questo, in particolare, mi ha sempre affascinato l’impegno, la
voglia di lottare e le tante e mille storie da raccontare di persone che ogni
maledetto sabato o domenica, che sia, sanno lottare per portare avanti i propri
sogni sportivi. Sia per cronaca che per ufficio stampa ho percepito i riti dei
ritiri, degli scherzi, delle fratellanze, dell’allenamento prima del match, del
post partita e dei viaggi in pullman come aggregato. E poi le cronache, le dirette,
social e video, i commenti, qualche volta sopra le righe e poi l’imitazione di
Lanzoni ma rigorosamente nei palazzetti. Il microfono nella tua mano diventa così
creta che si modella, la tua voce risuona nell’impianto, il suono gutturale
preannuncia il nome di colui che si ascrive alla gloria del match. Sono
emozioni, gesti, che assomigliano a capolavori, che quando li vedi compiere
dalla tua squadra accendono e ti accendono. Ho raccontato partite di
campionato, di coppa, delle giovanili cercando di stimolare il pubblico
presente, prendendo persino un cartellino giallo dalla terna arbitrale che
interpretò il mio incitamento come un’esacerbazione dei presenti. Ma niente
ripaga di questo lavoro come un vocale ricevuto da un giocatore che ho seguito
per anni sotto diverse casacche come Rudy Mendes, che nel salutarmi in vista di
un prossimo impegno con una maglia diversa, ha voluto ricordare quanto sia
importante dal campo sentire una voce che scandisce il tuo nome in calce a
un’impresa. Devo ammettere che mi ha fatto un enorme piacere e mi ha portato
direttamente sul campo, pardon Palabrumar, e a pensare di aver idealmente
indossato una casacca anch’io, pronto a ricevere un abbraccio come se avessi
segnato una marcatura. Per cui boa sorte caro amico mio Rudy e contestualmente abbraccio
idealmente tutti coloro che mi hanno regalato emozioni al Palazzetto da
Celentano a Fiscante, da Penno a Tropiano, da Sachet al Cannibale Itria, da
Corsini a Curallo, da Ibra a Ramon, da Fortino a Fazio e i mille e più
incontrati e idealmente abbracciati sul campo dove ci si rivedrà quanto prima
con lo stesso entusiasmo e la stessa voglia: illuminaaaaaaaaaaaaaaaaa.
domenica 14 maggio 2023
Cattivissimi noi
L’ennesima debacle contro lo Spezia
e il confronto finale tra tifoseria e squadra ha scatenato la solita ridda di opinionisti
da scrivania pronti a denunciare il male del calcio che sono, come al solito i
tifosi organizzati. Io dall’alto o dal basso della mia poltrona guardo l’episodio
e non vi trovo nulla si così sconveniente. Così come a fine partita si vince e
si vola verso la curva per ricevere l’abbraccio, quando si perde e si arriva da
un periodo negativo ci si parla in modo sereno e si cerca di spronarsi a
vicenda. E’ il tifo ragazzi è tutto qui come potrebbe recitare Al Pacino, ma
solo chi lo ha vissuto in prima persona (Fossa dei Leoni 1985) può capire e percepire
il gesto andato in onda al Picco ieri pomeriggio. Il tifo, il casino, i cori,
la coreografia sono tutti elementi che consegnano allo sport il contorno,
quello che ti fa sospirare quando entri allo stadio e ti piace essere li anche
se la partita probabilmente non la vedi come quando sei davanti allo schermo,
ma tu fai parte dello spettacolo dentro allo spettacolo ed è magico. Il fil
rouge che accomuna chi calca il campo con chi urla dalla balaustra è unico, è
un atto di amore assoluto e forse, quando certa stampa sensazionalista, la smetterà
di sbattere il mostro in prima pagina (beninteso qualche cretino c’è sempre, ma
è una prerogativa della società, intesa come collettività) forse si comincerà
ad apprezzare il calore e il colore del tifo di qualsiasi sponda essa sia. Nel frattempo
godiamoci il calcio giocato e come sempre vinca chi ne ha titolo se poi sono
gli avversari li applaudiremo altrimenti avanti tutta.
giovedì 11 maggio 2023
Sursum corda
Il seguito dei romanzi di grande
successo non sempre prende la piega che tu ti immagini, ed è così che se nel
2003 eri pronto a trepidare per una semifinale che mancava da una decina di
anni, oggi dopo il primo tempo, oltre a smoccolare i santi (in fin dei conti
sei il diavolo) prendi atto che una squadra non è ancora pronta al salto di
qualità. Se nel 2002 avevi toccato l’apice nella Uefa con la semifinale con il
Dortmund e poi l’anno dopo l’avevi alzata, oggi non si possono fare proclami. Nel
2022 uscito ai gironi senza la consolazione, l’anno successivo sei almeno
approdato tra le prime quattro. Nel lavoro come nella vita ci sono i momenti di
crescita e le battute d’arresto servono a far capire i margini di miglioramento
e le aperture future. Detto questo ovviamente fa male la sconfitta a maggior
ragione se con i cugini. Ma quello che dispiace è vedere coloro che erano
saliti sul carro Pioliisonfire trasformarsi nei detrattori peggiori nei
confronti del trainer. E passare dall’esaltazione al lutto è un attimo. Nella
società del tutto e subito forse non si viene più appagati dalle attese che
allungano il piacere stesso e il gusto della successiva vittoria, tutto è
dovuto è subito. Complici anche i commentatori che acuiscono anche enfatizzando
e capovolgendo giudizi e commenti. Io mi tengo i colori, la bandiera, e l’attesa
perché poi quando succede, ed è già successo, la gusti come un gelato al
pistacchio di bronte. Sursum corda
lunedì 1 maggio 2023
Il Nottingham Forest che scelse il colore della maglia in onore a Garibaldi
Storia e football non sono così
distanti come può sembrare e, quando si dice che la storia dell’uomo ruota sempre
attorno alle solite cose e le esigenze sono sempre le stesse, vale la pena di
soffermarsi sui dettagli. Siamo a metà del 1800, gli stati nazionali sono
ancora al di là da venire ma, dopo il periodo napoleonico, in tutta Europa, c’è
un fermento per quelle popolazioni che cercano di costruire il loro Stato
unitario e se nel 1830 i greci l’avevano trovata scrivendo pagine gloriose sul
Missolungi (Byron), l’Italia che era ancora in nuce, grazie a un nutrito gruppo
di esuli in Francia e in Inghilterra aveva un sacco di simpatie. A maggior
ragione un nutrito gruppo di fan amava (non esisteva ancora Istagram) Giuseppe,
detto Peppino, Garibaldi per le sue imprese al limite dell’impossibile. l’Uruguay
(non quello di Suarez e Cavani) l’impresa Romana (Totti non c’entra) ma soprattutto
la liberazione dal Sud Italia, non fu clamoroso al Cibali ma a Calatafimi e al
Volturno si erano tutti passaggi per la gloria e le camice rosse erano diventate
un simbolo di cui si parlava in tutta Europa. Fu così che nel 1865 in
Inghilterra un gruppo di amici fondò la terza squadra di calcio presente nell’isola
(la prima il Notts County) era il Nottingham Forest e come colore di maglia si
scelse il rosso Garibaldi in onore proprio dei prodi garibaldini (grazie Andrea
Santangelo per averlo ricordato). Nottingham ebbe il suo momento di gloria alla
fine degli anni 70 del secolo scorso: un campionato inglese, ma soprattutto due
Champions League, piccolo tra i potenti seppe imporre la sua legge calcistica prima
dei grandi squadroni e se vogliamo un parallelismo con le truppe capitanate dal
nizzardo Beppe ci sta proprio tutto. Ancora oggi quando un giocatore gioca come
Luther Blisset al Milan, tanto per fare un paragone credibile, i tifosi del
Forrest dicono: he’s not fit to wear Garibaldi
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