Siamo ancora ebbri della sbornia
di vittoria della Nazionale di calcio che ha fatto riscoprire, anzi per meglio
dire tirar fuori dagli armadi, quelle bandiere tricolori, misto naftalina che
riscopriamo solo dietro imprese sportive. Si sa lo sport è un linguaggio
universale, che fa la fortuna anche di nazioni e che fa dimenticare problemi e aiuta
a superare momenti difficili. Per l’Italia è stato così nel 1982, nel 1990 con
le notti magiche, con l’europeo scippato dalla Francia con il golden goal di
Trezeguet, le notti tedesche del 2006 e ora quelle post pandemia. Certo quelle
antiche erano situazioni pre smartphone in cui la gioia e la festa erano
condivise dal vivo o rimandate a qualche scarna fotografia da tramandare ai
nipoti. Oggi nella società dell’immagine perenne con tutti i profili social
attivi, la documentazione immediata è la ricetta, un reality alla Truman show continuo
in cui ogni persona è un attore consumato. E quelli che erano icone di
giornalismo e di professionalità invece di ergersi nel loro mestiere in modo
professionale, tolti i freni inibitori sono diventati attori, anche loro della
peggior risma. Perché questa invettiva e filippica ? Per diversi motivi che
forse non interesseranno ai più, ma che mi lasciano basito. Innanzitutto i colleghi
giornalisti, sentire fior di professionisti che nel commento di una partita si
lasciano trascinare dal tifo più estremo, forse per arringare le folle, non
depone alla categoria, si deve applaudire alla giocata dell’avversario di turno
e commentare con distacco, senza infierire anche le provocazioni. Ci pagano per
essere dei giudici attenti e scrupolosi. I giocatori poi, esistono regole non
sportive ma etiche che prevedono comportamento corretto (evitando le manfrine
in cui si chiede di continuo il cartellino per il giocatore avversario, c’è li
l’arbitro, provvederà lui nel caso) e soprattutto sappiano gestire sia la
sconfitta che la vittoria. Togliersi una medaglia per essere arrivati secondi perché
? qual è l’insegnamento che si da alle giovani generazioni ? Che conta solo
arrivare primi ? Che la vita sarà tappezzata di fiori e rose se sei vincente. E
se vinci, citando un vecchio statista come W. Churchill sii magnanimo. Urlare
in faccia ai tifosi avversari sapendo di essere ripreso “dovete mangiare ancora
tanti spaghetti” farà sorridere forse sul momento il proprio schieramento, ma alla
successiva occasione in cui non vinci, cosa ti potrà urlare l’avversario a
proposito degli amati maccheroni? Gioisci per la tua vittoria e abbraccia l’avversario
con cui ti sei scontrato. Gli esempi positivi non mancano: Pep Guardiola che
bacia la medaglia d’argento nella finale di Champions o il sorriso serafico di
Louis Enrique sconfitto (e peraltro maltrattato pesantemente dalla vita) che
trasmette serenità e accettazione sono due facce di una medaglia che dà
speranza per il futuro. A volte il successo nella vita passa da momenti come
quelli celebrati dai perdenti e sempre per citare Churchill “il successo è la
capacità di passare da un fallimento all’altro senza perdere l’entusiasmo”
lunedì 12 luglio 2021
Il limite da non superare
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