C’è chi dice che sono passati
così tanti anni che non varrebbe più la pena ricordare, c’è chi dice che i
partigiani hanno fatto nefandezze, dimenticandosi però quelle commesse dalla
RSI, c’è chi continua a ricordare come chi Sali in montagna fu un traditore (di
cosa ?? dell’alleanza con la Germania ? della commistione con i campi di
concentramento e le camere a gas ??) c’è chi racconta che alla fine della guerra
ci furono massacri e regolamenti di conti ( e chi lo nega, lo sanno benissimo
anche gli storici cosa successe all’Ospedale psichiatrico di Vercelli – pochi però
citano coloro che si arresero e furono giustiziati di cosa si erano macchiati
nei mesi precedenti). Pochi ancora però ricordano i massacri, le torture, le
fucilazioni sommarie con ben 667 uomini e donne uccisi nel periodo dal 1943 al
1945. Il guaio per tutti fautori di una parte o di un’altra che si comportano
come tifosi di una squadra calcistica, di una fazione, ma qui non stiamo
parlando di una rete e/o una vittoria sul campo sportivo. Qui si parla di
privazioni, di libertà, di idee, della vita stessa se non eri d’accordo con il
regime. Se quasi seicentomila soldati preferirono rimanere nei lager nazisti
invece di imbracciare i fucili e di scendere in campo per il Duce ci sarà stato
un motivo.
Venti anni di privazione delle più elementari norme di libertà sono lì
a testimonianza di una dittatura feroce e inutile. Chi oggi persegue quei
principi e soprattutto fa il nostalgico dimostra di non aver appieno compreso e
studiato quel periodo e la speranza è che tale oscurantismo rimanga tale.
Diceva Montanelli, decano dei giornalisti italiani che un paese che vuole avere
un futuro deve conoscere al meglio il proprio passato. Ecco studiatelo e
conservatelo il passato, e così scoprirete che le leggi razziali non furono un
retaggio solo degli ultimi anni del Duce, ma i prodromi avvennero ben prima
della conquista dell’Etiopia, che il Regime che era un inno all’assistenzialismo
burocratico faceva solo vuota propaganda ma poi sui fatti concreti non c’era,
si faceva la fame e c’era una miseria incontrollata. E anche il simbolo della
estrema fierezza del mostrare i muscoli era una balla clamorosa. Andatelo a
chiedere ai fanti i cui fucili si inceppavano sul fronte greco, o agli alpini
che avevano calzature estive sul Don a meno venti gradi, oppure agli eroi di El
Alamein che combatterono a mani nude contro gli inglesi.
Ridurre la Resistenza
a una festa di partito di sinistra è tipico di coloro che vogliono far
dimenticare cosa era realmente il fascismo, andate a Villa Schneider nei sotterranei,
guardate l’orrore di quel posto andate in Piazza Martiri e pensate ai 22
giovani là fucilati o a Mottalciata a Salussola in Riva, il crepitio di quelle
pallottole che spezzavano quelle giovani vite che avrebbero voluto ben altro
epilogo se non vivere in democrazia. Stiamo attenti a denigrare quel periodo la
Storia prima o poi ci ripresenterà il conto e come ricordava il Presidente
Pertini “preferisco di gran lunga la peggiore delle democrazie alla migliore
delle dittature”
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