"Cosa fa di un uomo un uomo? Non come inizia le cose, ma come le finisce." Questa frase, iconica e profondamente vera, non è solo una citazione cinematografica: è la bussola di un modo di essere, una lente potente per osservare l'azione e la resilienza degli individui. Nel mio percorso professionale, ho avuto il privilegio di assistere a innumerevoli storie, e come direbbe la mia amica e collega di narrazione Jessica Pasqualon, ne abbiamo raccontate a iosa.
Abbiamo avuto la fortuna straordinaria di incrociare due anime che, ognuna a suo modo, si rifiuta categoricamente di soccombere di fronte alle avversità. Al contrario, l’affrontano a viso aperto, trasformandole in sfide da superare, in vette da conquistare. Sono persone che ardono di una fede incrollabile in ciò che fanno, spingendosi oltre ogni limite per afferrare i loro sogni e obiettivi più ambiziosi.
Roberto e Hamid: un incontro, un'alchimia, un punto di fusione che genera speranza. Hamid, un uomo che ha sfidato l'ignoto fuggendo dalla sua terra in cerca di un futuro, ha affrontato una sventura capace di annientare lo spirito di chiunque... ma non il suo. E poi c'è Roberto, l'architetto delle soluzioni, il tecnico visionario, il facilitatore che possiede la rara capacità di scovare la via d'uscita anche nel buio più fitto. Le sue protesi, che evocano la magia tecnologica di un film di James Cameron, non sono solo capolavori di ingegneria efficienti e funzionali. Sono molto di più: sono custodi di una gioia di vivere inarrestabile, prova tangibile che, in questo mondo, nulla è davvero impossibile.
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