24 ottobre del 1728 stiamo
parlando di tre secoli orsono i giovani rampolli nobili andavano in giro per l’Europa
per fare esperienza tra questi Montesquieu filosofo, giurista, storico e pensatore politico francese. considerato il fondatore della teoria politica
della separazione dei poteri. Ebbene scrisse un libro
sul suo viaggio in Italia e si soffermò in modo particolare su Torino
Torino è una città ridente,
piccola, sebbene ingrandita dal padre del Re e dal Re dopo l’assedio; i nuovi
quartieri sono stati tirati a filo […] piccola città, poche case; poca gente
per le strade. […] Insomma Torino è piccola e ben costruita: è il più bel
villaggio del mondo.
Così scriveva nel 1728
Montesquieu, a conclusione del lungo passo del suo Viaggio in Italia dedicato
alla capitale sabauda. In queste poche
righe sono sinteticamente raccolte le sue impressioni su Torino: una città di
piccole dimensioni, un po’ provinciale, dalla popolazione non troppo numerosa,
che si distingueva per l’ordine e la regolarità del tessuto urbano e l’eleganza
dei suoi palazzi, soprattutto nelle nuove aree edificate dopo gli ampliamenti
avvenuti tra la seconda metà del Seicento ed i primi decenni del xviii secolo.
Palazzo reale una delle costruzioni più belle e importanti da vedere.
La vita in città gli appariva noiosa: i torinesi si
mostravano tristi e poco ospitali; riservati ed orgogliosi fino alla scortesia
i magistrati. Soffocante il clima a corte, ove la nobiltà non aveva modo di
sottrarsi al controllo del sovrano.
Concludeva
Montesquieu: Non vorrei essere per nulla suddito di questi piccoli principi!
Sanno tutto quello che fate, vi hanno sempre sotto gli occhi, conoscono
esattamente le vostre rendite, trovano modo di farvele spendere, se ne avete
molte […]. È molto meglio essere sperduti negli Stati di un grande padrone.
Insomma non ci facemmo una gran bella figura tutto sommato e
il trip advisor di Montesquieu non sarà sicuramente piaciuto a Vittorio Amedeo
di Savoia, e poi suvvia i francesi avevano ancora il dente avvelenato per l’assedio
di Torino del 1706. Quindi tutta colpa di Pietro Micca
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