Se c’è una cosa che mi ha sempre
affascinato nella storia è immedesimarsi nel chi l’ha vissuta in prima persona
che era li presente in un evento diventato unico e così mi immagino quello che
succedeva esattamente 80 anni fa il 6 dicembre 1941, e se le strade per Mosca
brulicavano di mezzi corazzati tedeschi che non riuscivano a fare passi in
avanti, i venti grado sottozero inceppavano i fucili dei soldati e i
battaglioni asiatici di Stalin combattevano con gli sci ai piedi, mentre in Africa
era già tramontato l’impero del Duce, soprattutto dopo la resa dell’Amba Alagi.
Vi erano ancora due generazioni di giovani che non conoscevano il sibilo delle
pallottole e vivevano il sabato sera come una normale routine: sto parlando di
giapponesi e americani. I giapponesi imbarcati sulla flotta che veleggiava verso
le Hawaii in silenzio radar pensavano all’indomani come a un grande e grandioso
evento che avrebbe cambiato, e così fu, le sorti del mondo intero; e per loro avrebbe
voluto dire fama, notorietà e potenza. Il giovane americano quello di stanza a
Pearl Harbour, ignaro di quello che avrebbe vissuto il giorno dopo, cercava di
sbarcare il lunario in una base che credeva sicura e con i fuochi della guerra
lontana che non avrebbe mai toccato il suolo americano. Chissà quali pensieri,
quali sensazioni, quali speranze, quali prospettive, l’immaginario di popoli
diversi e di ragazzi che si affacciavano alla vita e che sarebbero diventati
maledettamente adulti nei 45 mesi successivi. Alle 7.55 del 7 dicembre 1941
risuonò potente nell’aria non solo il sibilo delle bombe giapponesi nel porto
mentre si andavano a schiantare sulle corrazzate statunitensi ma anche l’urlo
di generazioni di ragazzi che sarebbero state immolate sull’altare della
guerra. Il Giappone svegliò il gigante dormiente e il mondo non fu più lo
stesso.
lunedì 6 dicembre 2021
7.55 del 7 dicembre 1941 - tora tora tora
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