mercoledì 30 settembre 2020
Si gioca
Chi ama lo sport, di qualunque disciplina si tratti, ha un solo pensiero in testa praticarlo, e chi lo fa agonisticamente ha bisogno dell’adrenalina della competizione e perché no del sostegno del pubblico. Lo sport è salute (lo dicevano ben anche i latini mens sana in corpore sano) chiudersi a riccio invece, non praticarlo e restare confinati in un limbo è altrettanto pericoloso. Le sortite del sottosegretario alla salute Zampa che ha chiesto di chiudere il campionato di serie A denota proprio un principio di non conoscenza e soprattutto di timore ingiustificato. Non possiamo permetterci nessun altro lockdown, ne lavorativo, ne ludico, ne personale, la nostra salute è in gioco. Certo attivare i protocolli di sicurezza è un atto doveroso ma bisogna guardare oltre, trovare la cura e combattere i virus ma la vita deve proseguire, anche quella sportiva, altrimenti il rischio è di imbruttirsi sempre più e di non trovare la strada del riscatto. Se dovessi fare un paragone sembra la sindrome dell’anno 1000 in cui si vaticinava la fine del mondo, fenomeno non verificatosi di certo anche se gli anni successivi non furono certo forieri di grandi notizie positive
venerdì 25 settembre 2020
L'insostenibile leggerezza di Zlatan
Il politically correct impera sempre più, un incrocio quanto mai inutile con il benaltrismo si insinua nei commenti in rete con professoroni sempre pronti a dare lezioni di bon ton a tutti. L’ultimo in ordine di tempo è legato a una frase di Zlatan, il Benjamin Button del calcio nostrano approdato a Milano che, positivo al Coronavirus, ha postato sui propri canali, un inno alla lotta al virus con il suo stile modello highlander. Che il suddetto calciatore abbia un ego mostruoso è risaputo ma nel tempo lo ha trasformato in un modello marketing aggressivo. E questa volta il malcapitato di turno era niente meno che il virus che ci ha costretti a lockdown e a convivere con questa brutta malattia. A questo punto si sono scatenati i perbenisti di turno identificando il male nello svedese, reo così di insultare i defunti di Bergamo, il ground zero del Covid. Peccato che lo stesso calciatore durante il lockdown abbia provveduto a mettere in piedi una raccolta fondi per l’Humanitas dimostrando più acume e sensibilità di tanti soloni in rete. Ma c’è un fatto che mi ha particolarmente incuriosito, uno degli autori del post, noto giornalista che ha diretto persino il telegiornale rai della rete ammiraglia, ha ammesso di essere diventato il bersaglio in rete degli hater !!! Mi son preso la briga di controllare e su 300 commenti alle sue affermazioni solo una parte infinitesimale si è lanciata in improperi e commenti non proprio oxfordiani, gli altri consigliavano il suddetto a fare una valutazione differente sulle affermazioni del calciatore svedese. Quindi la domanda è: perché se sei un giornalista di grido devi creare il caso anche quando non c’è e lo fai per di più per due volte di seguito? Cui prodest ? Se vogliamo che la rete e la comunicazione diventino una palestra di confronto e non di scontro facciamo in modo che proprio chi governa il mondo dell’informazione sia corretto in tutto e per tutto.
martedì 22 settembre 2020
Il colonnello Sarri e le altre fantasmagoriche avventure del mondo pedatorio
Una giornata per certi versi
incredibile per quanto riguarda il mondo del calcio, ma non quello giocato bensì
il contorno, la coreografia di cronaca giudiziaria e vespasiani di parole che
stanno ai margini dell’atto sportivo. E oggi ne abbiamo viste delle belle
veramente. Dall’inchiesta sugli esami truccati, siamo ancora agli inizi e ai
dettagli ma quello che emerge fa accapponare decisamente la pelle. Intercettazioni
modello società onorata, pizzini che passano di mano in mano, pardon di
professore in professore, manco fossimo in un liceo paritario; il colonello
della GDF che per un puro scherzo del destino si chiama Sarri (nemmeno nei plot
tradizionali si poteva studiare un copione così) una società dietro le quinte
ma che viene additata come la vera orchestrante di esamopoli. E poi lui il
pistolero, al secolo hannibal lecter luisito suarez, faccia da bounty killer di
area, e l’area ribollente degli anti (anti juve, anti inter, antisistema e chi
più ne chi ne metta). Una spy story in piena regola che ci accompagnerà presumo
fin oltre il panettone, con inchieste, rivelazioni e complotti. E nel frattempo
abbiamo già dovuto subire, l’esegesi del maestro allenatore Pirlo che Perle
(illuminaci) il filosofo portiere della nazionale, Mughini dixit, (illuminaci
ancora), il dinamico duo Conte/Vidal (illuminateci sopra il parrucchino); il
curioso caso di Benjamin Button (illuminaci e guidaci Ibra) la sindrome dell’est
(Milik Dzeko e tanti altri compreso Roglic e altri assortiti ciclisti sloveni).
Quello che sorprende è che siamo solo alla prima giornata, anche se settembre è
all’epilogo, ma per fortuna rimane la serietà del fantacalcio e degli autogoal
chi lo avrebbe mai detto.
domenica 20 settembre 2020
Chi vincerà il calcio dei Mille ? Nino Bixio Inzaghi o Callimaco Zambianchi Pirlo
Fa un po’ sorridere che nel post covid
allo Stadio siano ammessi mille spettatori, in quelle cattedrali nel deserto
che risulteranno essere gli Stadi italiani. Immaginate gli spettatori all’Olimpico
di Roma piuttosto che a San Siro, luoghi deputati per ben altre masse.
Indubbiamente si perderanno all’interno della struttura e potranno come
spettatori privilegiati sentire distintamente i dettami, gli schemi dell’allenatore
urlati a squarciagola e persino i bisbiglii del bordocampista. Ma tifo no,
quello organizzato, quello delle coreografie, dei cori e degli incitamenti, ed
è questo quello che è brutto osservare, la partita alla televisione è bella ti
consente di viverla come fossi un esperto pagante di var, non come uno della
squadra vestita come un evidenziatore (cit. palpabile sugli arbitri). E allora
da maniaco della storia mi piace pensare che questa storia dei Mille sia come
un effetto del Risorgimento, una sorta di ripresa di quello che un tempo era
nostro, di riappropriarci del gusto di uno spettacolo mitizzando sul numero come
fossimo tutti dei novelli Garibaldi. Le navi che si chiamavano Piemonte e
Lombardo, una sorta di primogenitura delle squadre di Torino e Milano in lotta per
il primato (ecco forse il Torino no, ma non disperiamo) e all’interno di quella
ciurma da mille i fiorentini, i genovesi, gli emiliani, i veneti e perché no
anche gli esuli romani, campani, guidati dai generali nino bixio inzaghi e
callimaco zambianchi pirlo. Ah che bella la storia ma che bello anche lo
spettacolo del calcio forza riprendiamoci ciò che è nostro
lunedì 14 settembre 2020
Premio Ululì Cultura ululà
L’idea di usare la Ferragni per raggiungere un pubblico
diverso per un’istituzione culturale mi era sembrata una buona idea, aumentare
la platea dei fruitori oltre a introitare risorse per la cultura aveva uno
scopo ben preciso: acculturare l’uditorio e portare a conoscere temi desueti ai
più, un fine nobile. E’ di queste ore invece la notizia che “l’influencer” (in
passato trascinatori o capopolo come i centurioni Tito Pullone o Lucio Voreno
ai tempi di Cesare, il divo Giulio) ha ricevuto un onorificenza, leone d’oro
per meriti civici e qui scatta un po’ la sorpresa. Insomma siamo un popolo che
onora o trova i suoi mentori in gente di spettacolo; è di pochi mesi fa, pre
covid, la nomina di Lino Banfi ambasciatore Unesco, il vecchio commissario
Logatto a deliziarci sulle bellezze culturali e fare da testimonial. Sorge un
minimo di imbarazzo e anche un po’ di scetticismo: qual è il messaggio che
diamo alle giovani generazioni: studiare e acculturarsi? probabilmente no. Meglio
cullarsi della vaghezza delle mode del momento sfruttare l’onda e sperare di
trovare l’appiglio giusto. Bene che vada, come cantava Gianni Morandi uno su
mille ce la fa ma tutti gli altri ??. Allora ben venga lo studio e cerchiamo di
mitizzare anche la normalità, lo studio, la ricerca e la cultura, quella è
vincente sempre e comunque e facciamola diventare la regola non l’eccezione
domenica 13 settembre 2020
Il grande incendio di Mosca - 1812
La storia come ben sapete si
ripete sempre immutabile e l’uomo come al solito sbaglia. Napoleone al culmine
della sua apoteosi per motivi di grandezza e di prestigio, cerca il colpo di
gran classe, quello che può schiudergli gli allori futuri. Ma come in una mano
di poker l’All in che egli si gioca sul piatto russo lo lascia letteralmente in
braghe di tela e lo porta alla rovinosa sconfitta e all’oblio dai fasti che lo
avevano portato sul tetto d’europa. La grande Armee invade la Russia il 24
giugno, Hitler oltre un secolo dopo anticiperà solo di due giorni. Arriva a
Mosca dopo l’ultima battaglia di Borodino del 7 settembre, ma proprio il 14 di
quel mese scoppia l’incendio che distruggerà oltre 6000 case di Mosca fatta
eccezione del Cremlino; da li la ritirata oltre un mese dopo, troppo tardi. A
migliaia moriranno di stenti, di freddo, oltre 400.000 uomini e i migliori
ufficiali francesi, della truppa fanno parte anche 32.000 italiani gli
antesignani degli Alpini del 1942/43 anche loro costretti alla ritirata. Una
storia ciclica che si ripete e che si ripeterà ma che lascia ai posteri nomi di
luoghi, di eventi che hanno forgiato la nostra storia
sabato 5 settembre 2020
"Quelli che......... vivono una vita da malati per morire da sani". Riflessioni sulla chiusura degli Stadi
La notizia è dell’ultima ora, il premier Conte, parla di
inopportunità per la riapertura degli Stadi e così l’inossidabile, immarcescibile
e impalpabile capo del governo ci relaziona sull’ennesima non presa di
posizione del suo modo di governare da ormai oltre 24 mesi. Il mondo del calcio
è patrimonio del gioco, delle società e dei giocatori, ma se Dio vuole è anche
dei tifosi. Il Foglio oggi porta alla ribalta uno studio che decreta come nel
mondo delle imprese sportive, la parte del leone la facciano i giocatori, ma l’8
per cento sia determinato dalla presenza e dal tifo incessante di chi allo
stadio trascina i propri colori. L’esempio e il florilegio di esempi va dal
celeberrimo 3 a 2 derby di Torino sotto la spinta della Maratona, alla Kop di
Liverpool per finire al Die Galbe Wein di Dortmund del Westfallestadion. Il tifo è una parte
assoluta del mondo del calcio, come di quella sportiva in genere, vedere gli
stadi e i palazzetti vuoti stringe il cuore e rimandare alla scatola televisiva
come unico luogo deputato alla visione prospettica dello sport è debilitante
oltre che inguardabile. Lo stadio ha sempre rappresentato la platea estrema in
cui consumare la passione, in cui l’urlo, il tifo scatenato, la gioia per una
segnatura o anche l’incitamento e la passione per i propri colori quando va
male è una pulsione sociale condivisa e da condividere. I ricordi ti portano a
pensare alla preparazione, alla trasferta, al profumo del panino alla porchetta,
infarcito di gusti calabresi, e poi allo spettacolo dentro al catino (per me
San Siro) i cori, a volte anche non politically correct, emozioni percorse
mille volte eppure sempre nuove e da ripetere. Chilometri in macchina a gustare lo spettacolo
e poi al ritorno a ripercorrere il vissuto, come quel 23 aprile del 2003, quel
3 a 2 a San Siro pirotecnico di Milan Ajax che schiuse alla sesta coppa dei
campioni, un telefonino recuperato sei gradoni più in basso, alla rete di Tomasson
al 91 e una gioia spettacolare condivisa con altri 80.000. Non vorrei che
questi rimanessero ricordi sbiaditi, premier Conte riapriamo, magari in
sicurezza prima magari pochi ma poi torniamo a vivere, troviamo le cure,
lavoriamo su questo per non fare la fine di quello che cantava Jannacci: quelli
che vivono una vita da malati per morire da sani. Per la cronaca Enzino era del
Milan e viveva la Sud .
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