La notizia è dell’ultima ora, il premier Conte, parla di
inopportunità per la riapertura degli Stadi e così l’inossidabile, immarcescibile
e impalpabile capo del governo ci relaziona sull’ennesima non presa di
posizione del suo modo di governare da ormai oltre 24 mesi. Il mondo del calcio
è patrimonio del gioco, delle società e dei giocatori, ma se Dio vuole è anche
dei tifosi. Il Foglio oggi porta alla ribalta uno studio che decreta come nel
mondo delle imprese sportive, la parte del leone la facciano i giocatori, ma l’8
per cento sia determinato dalla presenza e dal tifo incessante di chi allo
stadio trascina i propri colori. L’esempio e il florilegio di esempi va dal
celeberrimo 3 a 2 derby di Torino sotto la spinta della Maratona, alla Kop di
Liverpool per finire al Die Galbe Wein di Dortmund del Westfallestadion. Il tifo è una parte
assoluta del mondo del calcio, come di quella sportiva in genere, vedere gli
stadi e i palazzetti vuoti stringe il cuore e rimandare alla scatola televisiva
come unico luogo deputato alla visione prospettica dello sport è debilitante
oltre che inguardabile. Lo stadio ha sempre rappresentato la platea estrema in
cui consumare la passione, in cui l’urlo, il tifo scatenato, la gioia per una
segnatura o anche l’incitamento e la passione per i propri colori quando va
male è una pulsione sociale condivisa e da condividere. I ricordi ti portano a
pensare alla preparazione, alla trasferta, al profumo del panino alla porchetta,
infarcito di gusti calabresi, e poi allo spettacolo dentro al catino (per me
San Siro) i cori, a volte anche non politically correct, emozioni percorse
mille volte eppure sempre nuove e da ripetere. Chilometri in macchina a gustare lo spettacolo
e poi al ritorno a ripercorrere il vissuto, come quel 23 aprile del 2003, quel
3 a 2 a San Siro pirotecnico di Milan Ajax che schiuse alla sesta coppa dei
campioni, un telefonino recuperato sei gradoni più in basso, alla rete di Tomasson
al 91 e una gioia spettacolare condivisa con altri 80.000. Non vorrei che
questi rimanessero ricordi sbiaditi, premier Conte riapriamo, magari in
sicurezza prima magari pochi ma poi torniamo a vivere, troviamo le cure,
lavoriamo su questo per non fare la fine di quello che cantava Jannacci: quelli
che vivono una vita da malati per morire da sani. Per la cronaca Enzino era del
Milan e viveva la Sud .
sabato 5 settembre 2020
"Quelli che......... vivono una vita da malati per morire da sani". Riflessioni sulla chiusura degli Stadi
foto Milan Live
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