La
data è quella classica dell’arrivo a Milano 19 anni, belle speranze, università,
un mondo nuovo, un nuovo sistema di studio, non più il quotidiano tran tran, ma
l’organizzazione di un sistema e nel frattempo tempo libero per visitare la
metropoli tentacolare. Piazza Firenze, il 12, via Larga, il Chiostro, via
Carducci, le prime mete e anche lo struscio di Corso Vittorio. Come un Artemio
qualsiasi, ma senza il poderoso Landini, memoria di un passato bucolico
familiare, il cazzeggio in giro era un atto dovuto tra le lezioni della
Cicalese alle 8.30 in stanza 106 e quella di storia moderna nel tardo
pomeriggio. E allora il mondo della musica si apriva ai sogni, ai titoli
improponibili, ai concerti a cui si vagheggiava di partecipare e si passava del
tempo a guardare le copertine dei vinili, dei bootleg, e di tutto quello che
faceva musica e spettacolo. E se la pubblicità martellante diceva che i gini
dovevano tornare a Biella (tutta colpa di Aiazzone) al sottoscritto piaceva il
mezzanino della metro del Duomo che per me era la Starway to Heaven. Oggi ho scoperto
che quel negozio, dopo quello di Porta Romana chiude. Peccato è un pezzo di
storia e, nulla è per sempre, ma almeno abbiamo sognato
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