E’ ovvio che in questi ultimi
anni i colori rossoneri non se la passano particolarmente bene l’ultimo
successo è datato 2016 a Doha e poi una lunga serie e sequela di tentativi, di
passioni scaldate e di rapide delusioni. E allora come sfottono tutti pronti a
lucidare l’argenteria, le sette Champions e i ricordi di un bel tempo che fu. Ma
in definitiva non è poi passato tanto tempo. Lo scudetto del 2011 aveva Ibra in
campo, la Champions del 2007 non è un secolo fa, ma poco più di dieci anni con
tre finali nel breve volgere di quattro anni. Insomma il ricordo è ben nitido
non sbiadito. E se Atene piange Sparta
Juve e Inter non ridono di certo, allori in Italia ma oltre il confine ben poco.
In tutto questo contesto si parla del valore del marchio secondo i media
svalutato da allori scarsi e da pendenze economiche simili a stati
sudamericani. E qui invece sta l’errore, il valore del brand non dipende solo
dai risultati immediati ma dalla storia, un coacervo di appartenenze e di
valori quanto mai consolidati. Chi ha vissuto la serie B e annate storte non si
arrende di certo e anzi nella difficoltà trova ancora più certezze. Se la
società punta sull’appartenenza potrà decuplicare i ricavi e aumenterà sempre
di più il suo appeal, quello è il patrimonio reali di questi colori e non c’è
comparazione che tenga. Appartenenza e storia nelle difficoltà sono i modelli
da seguire
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