lunedì 30 settembre 2019

Lasciatevi tentare dal gusto della Granda. Un ottobre da leccarsi i baffi


I
Partecipare alle iniziative legate al gusto della Granda non è mai un esercizio banale, perché si viene a conoscere il sapore profondo di una provincia che negli ultimi anni in modo sapiente e lungimirante ha lavorato molto sulla promozione della sua terra e dei suoi prodotti. E così mese dopo mese conosciamo e apprezziamo i saperi e i sapori di un territorio quanto mai sconfinato e che sa vellicare tutti i palati. Una cultura enogastronomica che si permea della cultura di un territorio, di uomini e di comunità che si stringono attorno al loro tesoro, una ricchezza fatta di tradizione ma al tempo stesso di innovazione. E così scopriamo il Galà della Castagna d’oro di Frabosa che premia ogni anno i migliori sportivi in circolazione e fa parlare di se e del suo territorio misto tra tattica (Arrigo Sacchi) e velocità (Dominik Paris) e ancora di più il gusto di un piatto tipicamente piemontese come la Bagna Caoda di Faule, dove il piatto tipicamente povero diventa raffinato e godibile, uno dei migliori mai assaggiati. E come non parlare della Tuma & Bodi di Entracque o della Fiera della Zucca di Piozzo o della Fiera Nazionale del Marrone di Cuneo. Un gusto unico ma anche culturale con la Notte delle Streghe di Riffreddo e l’Uvernada di Saluzzo. Insomma un’occasione settimanale, se non alle volte quotidiana, di incrociare il vero gusto della provincia. Una Provincia non solo Granda come dimensioni ma anche con quella di una tavola sempre imbandita e pronta a deliziarci con le sue opportunità. E di questi tempi non è poco  


Non può piovere per sempre tornerà a splendere il sole



Ieri sera tra il faceto e l’incazzato mi sono abbuffato sul divino alla ricerca del perché di una stagione per i colori rossoneri che potrebbe rivelarsi farsa, se non addirittura tragedia. L’invettiva migliore era per Suso, quando non per il turco 10. Pronto a brandire come un Robespierre qualsiasi la ghigliottina per tutti i colpevoli di questa ennesima partita finita in disastro. Poi, come sempre, la notte porta consiglio e ti fa affiorare i ricordi, soprattutto per chi è di lunga data e ha passato sulla propria pelle fior di gioie e di delusioni. Allora ti torna alla mente il periodo più bello, quello dell’infanzia, quello del domani tutto è possibile e ti ricordi Albino Buticchi, Tosetto, l’allenatore Gigi Radice, lo squalo, al secolo Joe Jordan, l’immarcescibile Tassotti, oscuro terzino acquistato nell’anno della tregenda. E ti chiedi, eravamo da buttare in quella stagione, abbiamo smesso di amare forse il Dia volo allora. Il tifoso milanista è sempre stato uno destinato a soffrire, a passare da gioie grandissime; Campioni d’Europa e del Mondo nel 1969 al doppio sorpasso sul filo di lana 1972/73 (lo Bello tu quoque), alle secche di metà anni Settanta a Giagnoni e a Calloni. Le forche caudine della serie B, le partite con la Cavese e anche in quei momenti abbiamo sempre investito nella nostra passione senza abbatterci. Noi siamo così, destinati a soffrire le pene dell’inferno (siamo il Diavolo no) ma sempre attaccati ai nostri colori qualunque cosa accada. I fasti di inizio del terzo millennio sembrano lontani anni luce, ma sono un fiero ricordo che deve farci capire che nella giostra della vita, dopo gli anni delle vacche grasse ci sono quelli delle vacche magre e se non bisogna specchiarci troppo nei primi, non dobbiamo neppure abbatterci troppo nei secondi. Il nostro DNA è l’appartenenza, l’attaccamento ai nostri colori, nel mondo dell’effimero, dei like sui social, conta più di qualsiasi altra cosa. E se c’è una società che recita vincere è l’unica cosa che conta per noi essere attaccati ai nostri colori è l’unica cosa che ci contraddistingue dagli altri. Non può piovere per sempre tornerà a splendere il sole

giovedì 26 settembre 2019

Babbo lasciami tornare a sognare per favore


Per me non è mai stata una partita normale, ma piena di sfottò benevoli tra padre e figlio con sudditanza psicologica quasi sempre di marca paterna viste le fortune del Milan soprattutto dalla fine degli anni ottanta, Siamo anche andati allo stadio alcune volte a vedere dal vivo e notavo il tuo malcelato imbarazzo quando la tua squadra non riusciva a emergere dalla secche della bassa classifica, anche quella volta che fini 5 a 1 a San Siro. Ma ricordo anche la tua contentezza quando al Trofeo Pozzo a Ponderano sono riuscito a portare il poeta del goal, al secolo Claudio Sala, alfiere di quello scudetto di marca radice che ti aveva reso così felice. E quel giorno accanto a me ti sei sentito pieno e realizzato come l’autografo sui cimeli del grande Toro che ti aveva apposto proprio lui. E ora che non sei più accanto a me a disquisire delle scorribande pedatorie, il tuo toro ci prende a portellate in campionato, ci sbarra la strada dell’Europa che conta e, quel che peggio, ci relega nei bassifondi. Va bene babbo abbiamo capito, ma adesso basta, lasciaci ancora tornare a sognare, ne abbiamo bisogno, da quando non ci sei più

domenica 22 settembre 2019

La risoluzione europea e la storia


Fa un gran parlare di sè in questi ultimi giorni la risoluzione approvata a maggioranza dalla comunità europea relativa al ruolo di Stalin e della Russia nel secondo conflitto mondiale e mi sembra che si stia facendo un grande Casino per nulla. Innanzitutto, com’è nello stile di risoluzioni di questo genere è un gran pateracchio che fa un polpettone di carattere generale, sbagliando alcuni termini, mescolando parole come regime, comunismo, stalinismo ecc. Al di là della confusione c’è un aspetto geopolitico da tenere conto. Della Comunità Europea fanno parte ormai da tempo paesi che sono usciti nel 1989 dal Patto di Varsavia quello creato dal blocco sovietico alla fine della seconda guerra mondiale e che diede il via all’antagonismo e alla Guerra Fredda. Questi paesi da sempre sono stati in guerra contro la Russia, e Stalin, che voleva ricreare e ci riuscì, l’impero Sovietico, combatterono streanuamente per liberarsi dal gioco sovietico contro l’obiettivo dichiarato da parte di Stalin di creare un forte blocco continentale. Il patto Molotov Ribbentrop andava in questa direzione spartirsi l’Europa in due zone di influenza, a Stalin serviva per soggiogare i paesi del blocco orientale (Polonia in primis e l’uccisione della classe borghese militare a Katyn) a Hitler serviva avere mano libera in occidente per sconfiggere Francia e inghilterra. Una volta conquistata l’Europa la Germania aveva bisogno di conquistare anche l’Est per avere risorse e per compiere il weltanshauung tedesco. Li si scontrarono nazisti e sovietici. 

E la guerra all’est fu differente da tutte le altre, perché non era solo una guerra di conquista, ma di vero e proprio sterminio i tedeschi consideravano carne da macello i russi e viceversa, si pensi che fino al gennaio 1943 i russi non facevano prigionieri (ne sanno qualcosa gli italiani dell’Armir) e lo stesso dicasi per i tedeschi fu una lotta di annientamento, e i campi di concentramento russi non avevano nulla da invidiare a quelli tedeschi. Certo i russi sono stati fondamentali nella lotta contro i nazisti, ma senza i cospicui aiuti americani, in termini di materiali sarebbe stata una guerra lunghissima e pericolosa, alleati che poi cominciarono a guardarsi con circospezione fin dalla conferenza di Yalta del marzo 1945. Per cui tornando alla risoluzione guardandola nel dettaglio sembra solo ed esclusivamente una presa di posizione contro le mire espansionistiche russe sui paesi dell’est europeo, e, la guerra tra Ucraina e Russia degli ultimi anni ne è un fulgido esempio. Una condanna verso la politica estera russa e una sorta di autotutela della Ue nei confronti dei suoi Stati Membri. Forse a tutti detrattori e fautori farebbe sempre utile avere una spolverata reale di fatti

lunedì 16 settembre 2019

Alla sera



Forse perché della fatal Verona tu sei l’imago a me si cara vieni o sera. Ho citato l’incipit del carme di Ugo Foscolo per riadattarlo alla partita di ieri sera, una citazione postuma per il genetliaco di Gianni Brera a cui questi intercalari piacevano e molto. Una partita scialba come può esserlo una di fine stagione o peggio di inizio annata quando i meccanismi non sono ancora oliati, tre punti pesanti, nel 1973 avremmo fatto firma per un risultato così, io pure e pur giocando male sono tre punti che a fine stagione potrebbero fare la differenza. Arbitro peggiore in campo ? Può darsi, I peggiori come sempre sono gli ululati sugli spalti, all’alba del 2019 siamo ancora a discriminare sul colore della pelle, crescere no ?!!. Una persona la giudichi dal suo operato non dalla pigmentazione, ma tant’è. Tornando alla partita Juric ha modellato una squadra a sua immagine tutta grinta e velocità e con queste squadre, quando non sei al top, paghi dazio, aver portato a casa la pelle, pardon i tre punti è tanta roba. Il gioco, la velocità, la bellezza dei fraseggi, verranno più avanti nel frattempo godiamoci il momento e arrivare al derby da sfavoriti non è mai una brutta cosa. I conti, pardon conte, si fanno sempre alla fine

martedì 3 settembre 2019

Quando Davide batte Golia: la tv del territorio



Fare giornalismo non è facile, un mestiere in cui anche se hai emozioni, sensazioni e tifi per qualcuno devi necessariamente mantenere uno stile sobrio e di racconto nel presentare aprioristicamente il tuo lavoro. Devi essere critico certamente, ma questa caratteristica non deve mai rasentare la partigianeria e il tifo altrimenti non svolgi bene il tuo lavoro, devi fare il cronista raccontando ciò che vedono i tuoi occhi senza lasciarti influenzare. Le emozioni possono anche esserci, ma quando parli di politica, di sport, di manifestazioni è sempre opportuno raccontare e mai scendere in commenti da tifoso e se proprio devi lo fai rappresentando e permettendo ai tuoi lettori di valutare tutte le opzioni. A volte sono importanti i tempi, i silenzi e il puntare attraverso una regia accorta su dettagli e particolari che sappiano rendere l’emozione. Purtroppo, anche con l’avvento dei social tutto questo è stato derubricato, tutti si sentono investiti del sacro furore di fare critica, spesso senza averne nemmeno le competenze, ma su un elemento il commentatore deve fare tesoro, quello di fare sentire la passione per il suo lavoro, cercando di porre le domande giuste o i giusti quesiti che farebbero gli spettatori a casa. Quest’anno, per la terza volta ho condotto, grazie alla collaborazione di una super squadra molto affiatata, la diretta di una manifestazione che è passione tradizione e territorio: il Palio di Asti. Uno sforzo collettivo di cinque ore in cui abbiamo cercato, come televisione del territorio, di dare massimo risalto ai colori, ai saperi e ai sapori di un evento unico nella nostra regione. E il pubblico ci ha ripagato con commenti benevoli e con numeri importanti riconoscendo alla nostra testata il merito di un buon lavoro. Certo si può sempre migliorare (ad esempio i sottotitoli per i non udenti è una legittima richiesta) ma vedere al contempo che chi dispone di molti mezzi in più non è stata apprezzata, e anzi apertamente criticata, ci rende orgogliosi di aver fatto bene il nostro lavoro e di aver raggiunto il nostro scopo. Oggigiorno nonostante l’avvento incessante dei social la televisione e l’uso delle immagini video è ancora di più da considerare come un elemento imprescindibile della comunicazione del futuro

Contro la Corrazzata Reggio Emilia si lotta fino alla fine

  Si andava in casa della capolista contro un gruppo che non ha mai perso e ha solo concesso un pareggio nelle partite precedenti. L’abbiam...