Caro Nonno mi chiedo oggi a cent’anni esatti dalla tua
gioventù, dalle tue speranze e dalla tua voglia di combattere per un Italia
migliore cosa ne penseresti delle tue azioni se rapportate ad oggi e come tu
rileggeresti le tue azioni dell’epoca. Il ricordo della mia infanzia era quello
di un nonno che non amava ricordare quel periodo. Troppi amici morti, troppa
sofferenza vista troppo patimento, me lo avevi fatto intendere. Per te ogni
giorno sulla terra in più era un dono. Tu che aborrivi gli esaltati, quelli che
urlavano a favore della guerra, ma poi forse erano gli ultimi a lanciarsi dal
terrapieno, quando andava bene. Tu socialista non certo guerrafondaio ma che
hai fatto il tuo dovere. Per te il Piave era la frontiera da difendere a ogni
costo perché, la fattoria, la tua terra era minacciata da quegli austriaci che
il trisnonno aveva già contrastato decine di anni prima. La guerra non era la
soluzione era una necessità.
L’hai subita sia la prima che la seconda ma sempre
con grande dignità e a testa alta. Una decorazione perchè avevi preso in
ricognizione decine di prigionieri con due commilitoni, ma non ne hai mai fatto
vanto. Un grado raggiunto per la qualità del tuo essere come sempre e come
avresti poi fatto anche in futuro, di essere al servizio. Comandante di
plotone, poi del casello, poi amministratore pubblico. Per te il 4 novembre era
la fine di un periodo e ostentavi la medaglia celebrativa e ti fregiavi di un
titolo Cavaliere di Vittorio Veneto, ottenuto in ritardo solo perché non ritrovavi
più il foglio del congedo, ma quel titolo era una medaglia da tenere sul petto
gonfiato non per retorica militare ma perché avevi contribuito alla crescita
del paese. Grazie nonno e buon anniversario
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