“Sciacalli infami” questo lo spregiativo epiteto che il
Ministro che dovrebbe gestire anche il mondo dell’informazione ha lanciato a
favore della categoria. Motivo aver osato raccontare la cronaca giudiziaria ed
esprimere, ebbene si è nella facoltà del mestiere che facciamo, giudizi, sull’operato
o a volte il non operato di quelli che sono i colleghi di partito. Ce ne
sarebbe abbastanza per sputare valanghe di insulti nei confronti di una persona che
riveste, purtroppo, un ruolo istituzionale che impone ben altra sobrietà. Ma nell’epoca
dei leoni da tastiera, del tutti contro tutti, del vaffanculo perenne lanciato
anni fa dal loro nume tutelare, sembra quasi la normalità. Il mestiere che noi
facciamo fatto di ore improbabili di lavoro, di attenzioni, di scritture e
riscritture, quando alle volte non sono tagli e contro tagli su servizi
televisivi, di professionalità che crescono sul campo che si affinano, a volte
attraverso errori, altre volte attraverso gavette. L’oscuro lavoro di mille e
più collaboratori che a volte per un tozzo di pane perdono anche il sonno e il
riposo per essere attenti su tempi e lavori. Ecco mi piacerebbe che quando un
Ministro della Repubblica parla di una categoria di lavoratori avesse un po’
più di accortezza. E invece termini come sciacalli, puttane, pennivendoli la
fanno da padroni in una sorta di delegittimazione perenne. Verrà un tempo in
cui la gente perbene, ed è la maggioranza, prenderà le distanze da questi
loschi figuri, perché urlare così è facile, come prendere l’applauso, ma nel
tempo questi spettacoli indecenti non durano. E noi siamo qui come Confucio
sulla riva del fiume
domenica 11 novembre 2018
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