Quando
Giacomo Matteotti venne rapito e ucciso la contrapposizione politica scoppiò in
tutta la sua radicalità ma di fatto quel rapimento e conseguente assassinio
venne commissionato ed eseguito solo ed esclusivamente per ragioni di natura
economica, il deputato socialista era venuto in possesso di prove che avrebbero
smascherato l’illecito coinvolgendo alte personalità del fascismo tra cui anche
il fratello del Duce, insomma il vecchio vizio italico delle mazzette e quindi
anche quando “c’era Lui” era quanto mai in voga. Nonostante la marcia su Roma e
i mille più casi di stragi perpetrate per mano degli squadristi (come non
ricordare quella del dicembre 1922 a Torino opera di Brandimarte) il fascismo
non aveva ancora attecchito e rischiava se fossero venute fuori inchieste e
documenti di sparire (da qui il discorso di Mussolini alle Camere e le leggi
fascistissime che impedivano la libertà stessa di stampa)
Ma a
cosa si riferivano i documenti di Matteotti
Il
governo italiano, in effetti, poche settimane prima della fine di Matteotti,
aprile 1924, aveva concesso alla
Sinclair Oil un’esclusiva, della durata di 90 anni, per la ricerca e lo
sfruttamento dei giacimenti petroliferi presenti nel territorio italiano, in
Emilia e in Sicilia. Un business che aveva in prima linea i principali gruppi
finanziari di New York, tra cui la banca di John Davison Rockefeller,
presidente e fondatore della Standard Oil, la società per cui operava in Italia
la Sinclair. Accordo che la compagnia d’oltreoceano avrebbe oliato a suon di
tangenti. Mazzette che sarebbero finite nelle tasche di altissimi esponenti del
regime, tra cui anche il fratello di Mussolini, Arnaldo. Matteotti aveva
annunciato, facendo capire di avere in mano le prove, di voler denunciare
l’illecito in un intervento parlamentare alla riapertura dell’Aula di
Montecitorio il 10 giugno. Non arrivò mai in aula.
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