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Sciara Sciatt è il nome di una strage di italiani sul suolo
libico che forse pochi ricordano e che si svolse poco più di un secolo fa,
quando guarda caso Francia e Italia, corsi e ricorsi storici, non se le
mandavano a dire per le terre d’oltremare e in cui la Libia (Tripolitania e Cirenaica
anche allora) era oggetto di contesa militare e non solo. Anche all’epoca le
discussioni sugli organi di stampa erano all’ordine del giorno. Poi Giolitti, l’uomo
di Dronero, piemontese doc, dette il via all’occupazione manu militari della
zona costiera vicino a Tripoli, La Libia all’epoca era mal controllata dai
Turchi, quella che un tempo era stata una gloriosa e gioiosa macchina da guerra,
era al lumicino. L’Italia contribuì di fatto a far scoppiare la polveriera dei
Balcani facendo emergere la pochezza della macchina militare ottomana. Ma in
Africa, a comandare, non vi erano solo gli eredi di Solimano il Magnifico ma
decine e decine di tribù, quelle assoggettate da Gheddafi fino al 2011 e dopo l’occupazione
della costa ci fu il contrattacco che portò alla sconfitta di Sciara Sciatt. Il
23 ottobre 1911 i turchi di sorpresa cercarono di occupare le posizioni tenute dei
bersaglieri proprio in prossimità dell’Oasi costringendo gli italiani a ripiegare,
la quarta compagnia si asserragliò nel cimitero di Rebab, dove, dopo aspri
combattimenti, si arrese al numeroso nemico. Quando gli italiani si ripresero e
passarono al contrattacco la scena che videro nel cimitero fu raccapricciante i
prigionieri erano stati
accecati, decapitati, crocifissi, sviscerati, bruciati vivi o tagliati a pezzi (come recita la relazione ufficiale). Scattò la caccia all’arabo
e tutti coloro che furono trovati con armi addosso furono immediatamente
fucilati. L’arrivo di rinforzi portò nel breve volgere di qualche settimana al
recupero delle posizioni perse e i prigionieri libici furono poi portati alle
Tremiti (si tratta di quei patrioti, per conto di Gheddafi naturalmente, su cui
il dittatore libico chiese poi in seguito gli indennizzi). La Stampa inglese
condannò ovviamente l’azione italiana, mentre l’opinione pubblica italiana
avvallò l’operazione ritenendo ahimè il bel suol d’amore libico irto di spine.
Son passati cent’anni ma stiamo ancora discutendo di quella zona.