L’italia è proprio il paese del
possibile e di coloro che amano farsi del male. Riusciamo dopo anni di attività
di mediazione a portare a casa il recupero di una nazione a una presunta
normalità, magari liberando il mondo da un competitor delle forze del terrore e
noi che facciamo, ci prendiamo a schiaffi da soli e ci copriamo di ridicolo.
Non so se sia arrivato un ordine scritto o interpretato della vestizione delle
statue dei Musei Capitolini, ma l’episodio, e soprattutto la discussione
successiva con tanto di ricerca di colpevoli, è qualcosa che nemmeno il teatro
dell’assurdo riuscirebbe a esprimere. La comunicazione relativa e le
conseguenze mediatiche che rimbalzano sui giornali nazionali fanno sempre più
assomigliare la nostra nazione a un popolo di Fantozzi sempre alla perenne
ricerca del grottesco e dell’autoflagellazione. La mia personale
interpretazione è che come al solito episodi di questo genere siano il terreno
per regolare scontri e battaglie che non c’entrano nulla con l’oggetto del
contendere. L’alto esponente iraniano non era venuto in Italia per fare
proseliti e per imporre una propria cultura, ma semplicemente per fare affari,
una visita a vedere l’arte era un naturale modo per fargli vedere i tesori di
cui dispone l’Italia, nessun ospite straniero si sognerebbe mai di chiedere
restrizioni. La cortesia di un ricevimento non prescinde dall’annullare le
caratteristiche della propria cultura, usare questi mezzucci per attacchi
politici e mediatici tolgono credibilità allo Stato e possono far perdere commesse
commerciali. Purtroppo bisognerebbe contare fino a dieci prima di aprire bocca,
ma in Italia lo fanno in pochi, e così ti trovi Gasparri che pontifica su
protocollo e arte, Salvini che parla di cultura (sic) e Sgarbi che urla a sproposito
Capra a qualunque si porti a tiro. Nel frattempo in Italia, che ha il
patrimonio di cultura e di arte più cospicuo, non si trova di meglio che
parlare di veli a statue e di puntualità del 31 dicembre. Poi non stupiamoci se
diventiamo fonte di barzellette
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