venerdì 29 gennaio 2016

La cultura della cultura


L’italia è proprio il paese del possibile e di coloro che amano farsi del male. Riusciamo dopo anni di attività di mediazione a portare a casa il recupero di una nazione a una presunta normalità, magari liberando il mondo da un competitor delle forze del terrore e noi che facciamo, ci prendiamo a schiaffi da soli e ci copriamo di ridicolo. Non so se sia arrivato un ordine scritto o interpretato della vestizione delle statue dei Musei Capitolini, ma l’episodio, e soprattutto la discussione successiva con tanto di ricerca di colpevoli, è qualcosa che nemmeno il teatro dell’assurdo riuscirebbe a esprimere. La comunicazione relativa e le conseguenze mediatiche che rimbalzano sui giornali nazionali fanno sempre più assomigliare la nostra nazione a un popolo di Fantozzi sempre alla perenne ricerca del grottesco e dell’autoflagellazione. La mia personale interpretazione è che come al solito episodi di questo genere siano il terreno per regolare scontri e battaglie che non c’entrano nulla con l’oggetto del contendere. L’alto esponente iraniano non era venuto in Italia per fare proseliti e per imporre una propria cultura, ma semplicemente per fare affari, una visita a vedere l’arte era un naturale modo per fargli vedere i tesori di cui dispone l’Italia, nessun ospite straniero si sognerebbe mai di chiedere restrizioni. La cortesia di un ricevimento non prescinde dall’annullare le caratteristiche della propria cultura, usare questi mezzucci per attacchi politici e mediatici tolgono credibilità allo Stato e possono far perdere commesse commerciali. Purtroppo bisognerebbe contare fino a dieci prima di aprire bocca, ma in Italia lo fanno in pochi, e così ti trovi Gasparri che pontifica su protocollo e arte, Salvini che parla di cultura (sic) e Sgarbi che urla a sproposito Capra a qualunque si porti a tiro. Nel frattempo in Italia, che ha il patrimonio di cultura e di arte più cospicuo, non si trova di meglio che parlare di veli a statue e di puntualità del 31 dicembre. Poi non stupiamoci se diventiamo fonte di barzellette

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