Quando ho visto la foto che tutti i giornali rimbalzavano del povero tifoso bambino nerazzurro che sventolava il due aste con la causa perorata di vincere a ogni costo, pena sfotto eterni a scuola, mi son detto non può essere, chi abbraccia una fede non può mendicare, nel momento della delusione dello sconforto l’attaccamento alla squadra deve essere ancora più intenso, i dolori si macerano all’interno e si può solo sibillare contro i vincenti delle altre squadre accampando favori arbitrali, cieca sfortuna e sfiga perenne. Ma mendicare il rispetto mai. Mi ricordo di quando bambino, in effetti l’età peggiore per il tifo, a metà anni settanta ero perennemente spernacchiato da tifosi granata e gobbi che rinfacciavano coppe e scudetti, fu così che imparai ad amare l’Aiax di cruiff due belle finali il 1972 e il 1973 (belgrado che apoteosi) oppure la nostra coppa Italia vinta in finale sulle Juve grazie alle parate di William Vecchi, quello era l’orgoglio ostentato la mia bandiera dei nove scudetti puliti contro lo strapotere della Fiat (allora non c’era Moggi) e il mio orgoglio era Gianni Rivera, Ricky Albertosi e Aldo Maldera, nelle sconfitte l’attaccamento era forte certo che prima o poi ci saremmo rialzati. La storia mi ha ripagato e quando vado allo stadio e godo per una nostra vittoria c’è molto di quel periodo nel grido Milan Milan. Se un piccolo tifoso dopo tre sconfitte seppur contro Bologna, Novara e Lecce trova l’ardire di uno striscione del genere, mi viene in mente che non sia un tifoso del biscione, ma un attore, un tifoso milanista che ha voluto sbeffeggiare nel migliore dei modi gli interisti se fosse vero sarebbe bellissimo, ma io credo che questa possa essere la verità, o per lo meno lasciatemi sognare
martedì 21 febbraio 2012
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