Il 19 dicembre 1916 termina il
più grande carnaio d’Europa, quando le questioni venivano decise non a tavolino
ma sui campi di battaglia, quando la grande Bertha aveva un potere dissuasivo
enorme altro che la Merkel. Stiamo parlando di Verdun, milioni di uomini
coinvolti e la disputa di pochi metri di trincea da uno schieramento all’altro.
Milioni di proiettili sparati, un terreno arato in continuazione da bombe e shrapnel.
Più di seicentomila morti in entrambi gli schieramenti per una battaglia durata
nove mesi. Forti persi e ripresi in settimane a prezzi indicibili. Milioni di
pallottole sparate e centinaia di migliaia di litri di rhum e cognac consumati
a fiumi perché puoi anche avere il coraggio ma a volte andando all’assalto era
meglio farlo instupidito altrimenti non lo avresti mai fatto. Di fatto una
battaglia che non portò a nessun guadagno territoriale e fu una vittoria
difensiva pagata a carissimo prezzo dai francesi, grazie anche al dispendio di
vite umane inglesi sulle Somme. 37 milioni di colpi di cannone sparati è stata la
più grande concentrazione di artiglieria mai vista fino ad allora. Vi erano
inoltre ben 13 mortai
da 420 mm (le famose grandi bertha e Moser capaci di sparare un
proiettile da oltre una tonnellata), 2 cannoni da marina da 380 mm Langer Max , di lunghissima portata e al sicuro dall'eventuale reazione
francese, 17 mortai austriaci da 305 mm 17
(o "cannoni Beta") e un'enormità di pezzi da 210 mm e 150 mm
a tiro rapido che divennero la quotidianità con cui si confrontarono per quasi
un anno i difensori francesi. Una nuova e micidiale arma fece la sua comparsa
proprio allora: il lanciafiamme. Per non dimenticare.
lunedì 18 dicembre 2017
domenica 17 dicembre 2017
Avanti Savoia
Con il rientro della Salma di
Vittorio Emanuele III si dovrebbe chiudere il cerchio di un periodo storico che
ha segnato fasti e lutti di una nazione giovane come la nostra. Non è il
momento di fare processi alla storia anche perché la dinastia Savoia si
dimostrò debole e fallace soprattutto quando dovette far crescere non tanto la
nazione quanto gli italiani. La celeberrima frase: "fatta l’Italia dobbiamo fare
gli italiani" è li imperitura a segnalarci che noi siamo degli splendidi individualisti,
inventori, sagaci ma proprio non riusciamo mai a diventare popolo coeso e forte
come lo sono state e lo sono tutt’ora altre nazioni, su tutte Francia, Germania
e Inghilterra. Il problema dei Savoia e il rientro delle salme, a parte anche
il pagamento dell’eventuale gasolio degli aerei da Alessandria d’Egitto a Roma
(che facciamo una fattura di scarico merce ??) non mi sembra tale da creare un
principio di lesa maestà. La storia e gli eventi hanno di fatto condannato una
casata che per l’antesignano Carlo Alberto avevano coniato un appellativo inappuntabile:
il re tentenna. Una incapacità cronica di prendere decisioni che portò la
casata a fare cose buone e altre pessime. Dalle leggi fascistissime approvate e
anche quelle razziali assolutamente deprecabili, al fattivo apporto per far
cadere il fascismo e chiedere l’armistizio, salvo poi fuggire in gran fretta a
Brindisi per non essere catturato dai tedeschi. I Savoia hanno rappresentato
quindi uno specchio fedele dell’Italia sempre pronta a non schierarsi mai nel
bene come nel male e forse questo è proprio un icona della nostra personalità.
Non sarò di certo tra coloro che si recheranno a Vicoforte per una visita
pastorale, anche se il Santuario di Vicoforte nel Cuneese merita senza ombra di
dubbio una visita con annessa ascesa alla Cupola, ma rimane un elemento che
potrà portare eventuale beneficio turistico e tanto basta in un paese che purtroppo
ha deciso di realizzare un museo del fascismo a Predappio (Sic.!!!). Se proprio
devo ricordare i Savoia mi piace citare l’esempio del Duca d’Aosta che
resistette agli inglesi all’Amba Alagi nel 1941 e morì in prigionia coi suoi
uomini e Testa ad fer Emanuele Filiberto che sconfisse i francesi a San
Quintino nelle Fiandre nel 1557 e importò in Italia il cioccolato. Ecco questi
gli esempi da ricordare, il resto è storia
domenica 3 dicembre 2017
ICONE REICH
La bandiera neonazista appesa nella cameretta
del milite (per il momento ancora ignoto) ha come si poteva pensare scatenato i
pro e i contro. C’è persino chi disquisisce sul fatto che trattasi non di croce
uncinata, ma di bandiera del secondo reich. Verissimo, però questo è il simbolo
utilizzato diventato da tempo icona ineludibile dei vari movimenti neonazisti
dell’Europa. Un richiamo a un passato di cui francamente non si sente la
nostalgia, ma notiamo come crassa sia ancora l’ignoranza in materia sia da
parte di chi critica sia da parte di chi difende. Ancora una volta uno studio
anche solo superficiale della storia non guasterebbe. Una domanda però sorge
spontanea ma perché le estreme destre vogliono circondarsi di icone perdenti
(nazismo, fascismo ecc.) cosa sperano di dimostrare, il presunto ordine di cui
parlano non ha portato altro che disordine e povertà. Ha mandato a morire
centinaia di migliaia di persone in nome di cosa ?? un ideale ?? quale? la
sopraffazione? Di una cosa bisogna aver paura, non bisogna sottovalutare il
peso di questi gesti teatrali sono il frutto di una crassa ignoranza che deve
essere combattuta solo con la cultura. Quanto al milite lo si costringa a
studiare e a informarsi, se poi invece di attaccare poster inutili, appende la
copertina di play boy, forse è meglio.
MALEVENTUM
La citazione storica
è quasi d’obbligo oggi dopo la rete di Brignoli, poliedrico portiere del Benevento
che realizza una rete storica per il primo punto della squadra campana in serie
A. contro ci sono quei barbari che scendono da Milano anche se capitanati da
quel guitto di Rino Gattuso. Il richiamo è alle guerre sannitiche di 2292 anni
fa, quando Pirro, re dell’Epiro, affrontò le truppe romane con i suoi elefanti
e i suoi reparti e soccombette grazie alle tecniche di guerra riscoperte dagli
eredi di Romolo e Remo, Mario Curio Dentato (frecce incendiarie lanciate sugli
animali) la vittoria fece cambiare il nome del posto da Maleventum a Beneventum,
perchè il ricordo è importante e i Romani erano anche vogliosi di ricordare eventi
fortunati. Oggi, temo, che il mio Milan si ricorderà di una partita non giocata
poi così male ma che, proprio per il carattere storico del primo punto in serie
A per i campani, si trascinerà nella memoria per diverso tempo. Mala tempora
currunt
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