venerdì 17 ottobre 2025

Altro che Patton Gneo Domizio Corbulone il generale che riformò la disciplina militare


 

Nato in una famiglia senatoria, Corbulone fu uno dei più brillanti e rispettati generali dell’Impero Romano nel I secolo d.C. La sua carriera militare si svolse sotto gli imperatori Tiberio, Claudio e Nerone, attraversando alcune delle fasi più delicate dell’espansione e del mantenimento dei confini orientali dell’Impero. Comandante in Germania Inferiore, impose disciplina e ordine in un momento di grande instabilità (elimino il lusso tra i soldati, introdusse la vita da campo dura anche in tempo di pace, obbligo i legionari a costruire trinceee e a marciare quotidianamente, comminando pene severe per chi trasgrediva). Ma fu in Oriente, nella difficile contesa per l’Armenia contesa con l’Impero dei Parti, che Corbulone dimostrò la sua grandezza: non solo conquistò territori e riportò vittorie, ma lo fece con intelligenza strategica, moderazione e rispetto per il nemico.

Roma celebrava le sue imprese, i soldati lo amavano, ma il suo crescente prestigio divenne una minaccia per chi sedeva sul trono. Nerone, insicuro e ossessionato dai complotti, ordinò il suo suicidio nel 67 d.C. Corbulone, convocato in Grecia, obbedì senza fuggire, senza opporsi. Si trafisse con la spada pronunciando una sola parola: "Axios." Una dichiarazione di consapevolezza e di dignità. Non una resa, ma un atto finale di onore romano, più potente di qualsiasi vendetta.

Viareggio Lucchese maggio 1920 derby infuocato e con disordini


Nel 1920 non c’erano i social, né i forum, né le dirette polemiche dopo le partite. Ci si insultava in faccia. Ci si provocava di persona, negli stadi, nelle piazze, nei bar. E quando il clima era già carico di tensioni sociali e politiche, bastava poco perché una partita diventasse un pretesto.

Era il caso di Viareggio-Lucchese, maggio 1920. Un derby acceso, certo, ma inserito in un’Italia appena uscita dalla guerra. Un’Italia divisa, stanca, infiammata. Il cosiddetto “Biennio rosso” stava esplodendo: scioperi, occupazioni, scontri tra socialisti e forze dell’ordine. Viareggio era una città fortemente politicizzata. E quella partita arrivava dopo lamentele per presunti brogli arbitrali all’andata, accuse reciproche, tensione crescente.

Lo stadio, quel giorno, era pieno. C’erano tifosi, certo. Ma anche militanti, operai, reduci, carabinieri. La partita finì, ma la rabbia restò. Scoppiò il caos: invasione di campo, disordini, cariche. Un carabiniere sparò. Il proiettile colpì Augusto Morganti, guardalinee viareggino, ex ufficiale. Morì sul colpo, colpito in volto. Aveva 25 anni. Quella morte non fu solo un fatto di cronaca. Fu, probabilmente, il primo caso di vittima legata al calcio italiano. Ma anche il caso di una violenza che passava dal verbale al fisico e che di li a poco spalancò il paese nel baratro di una dittatura. E il calcio, da sport, diventava specchio di un Paese ancora troppo vicino alla guerra — e troppo lontano dalla pace.


martedì 14 ottobre 2025

Ciro il Grande ? Un monarca inclusivo sicuri che il paragone calzi ?


 

La storia, questa materia che riguarda il nostro passato, è spesso oggetto di reinterpretazioni interessate. Tutti, sopratutto i potenti, vi guardano sperando di trovare un novello Tacito che tessa le lodi dei contemporanei. E se non si riesce a trovare la tela giusta, allora si scomodano i fasti del passato, rimembrando monarchi, fior di letterati e nobil homini a cui riferirsi, con la speranza che un po’ del loro splendore riverberi sul presente. L’ultimo esempio, in ordine di tempo, è stato Donald Trump, accolto in Medio Oriente sotto le stimmate di Ciro il Grande, così recitano i cartelli che lo accolgono, — un sassanide per il moderno Creso americano. Incensato per aver, si spera, concluso una guerra, che come ha sempre ammiccato Woody Allen, parlando del conflitto israelo-palestinese, dovrebbe essere archiviata sotto la voce "fantascienza”, ma speriamo di sbagliarci.

Ora, Ciro il Grande fondatore dell’Impero Persiano, quello che poi si scontrò con la Grecia di Leonida e Temistocle. Fu un discreto conquistatore, favorito anche da un periodo povero di veri sparring partner. Ma va detto che Ciro il Grande è certamente uno dei sovrani antichi con un’immagine più “benevola” rispetto ad altri tiranni del suo tempo. Il suo governo è accostato alla tolleranza, al rispetto per le religioni e culture conquistate, alla restaurazione di luoghi di culto, e al rimpatrio di esuli, anche per non gravare sulle spalle dello Stato. Tuttavia, non possiamo dire che governasse come un moderno democratico o che applicasse “diritti umani” come li intendiamo oggi: piuttosto, operava secondo le logiche del suo tempo, con una visione relativamente più inclusiva, che è stata poi idealizzata nei secoli.

Insomma, la storia viene spesso piegata alle esigenze della narrazione presente. E quando non si trovano soluzioni nel qui e ora, si va a cercare nel mito, nella simbologia, nel potere evocativo di figure che, per quanto grandi, sono figlie del loro tempo. Ma alla fine, anche Ciro — conquistatore tollerante, ma pur sempre re assoluto — probabilmente avrebbe guardato un tweet con la stessa diffidenza con cui osservava un presagio scritto nel cielo.


domenica 12 ottobre 2025

Orange: il campionato parte bene con il Villorba 8 a 3 finale


 

Il miglior modo per iniziare il campionato non poteva esserci: una partita approcciata nel modo giusto e poi condotta con lucidità fino al netto 8-3 finale. Ma attenzione, il punteggio non deve trarre in inganno: il Villorba non è stato un avversario arrendevole, tutt’altro. Ha difeso con ordine e ha messo in difficoltà il quintetto di Patanè nella ripresa, sfruttando con coraggio la carta del portiere di movimento.

Pronti, via — e nei primi tre minuti è subito assalto orange: a sbloccare la partita ci pensa El Peluca Vitellaro, seguito a ruota dal capitano Ibra, che si unisce subito alla cooperativa del gol. Il time-out richiesto dai veneti arriva immediatamente, nel tentativo di riordinare le idee e riorganizzare la squadra.

Il primo tempo vede raramente il Villorba affacciarsi con pericolosità, grazie anche alla grande concentrazione dei padroni di casa. La sassata di Montauro sigilla la frazione, anche se c’è preoccupazione per la caviglia di Merlo, uscito dopo un duro contrasto.

Nella ripresa il copione non cambia. Angelino sfrutta un tap-in fortunoso, e Vitellaro si trasforma in geometra, disegnando una parabola perfetta dalla propria area che sorprende il portiere avversario fuori dai pali.

A dieci minuti dalla fine, il tecnico veneto si gioca il portiere di movimento, una mossa che porta a qualche risultato grazie alle incursioni di Benfassi, le cui sfuriate dall’angolo si rivelano efficaci. Ma lasciare la porta sguarnita ha il suo prezzo: in contropiede gli orange dilagano nel finale, con le reti di bomber Condor, Piazza, Curallo e ancora Montauro – ormai un vero e proprio algoritmo del gol.

Una bella prova, dunque, ma che non deve far adagiare sugli allori. Settimana prossima trasferta veneta, poi doppio derby: il campionato entra nel vivo.

Il cambio di passo alla fine della guerra: il discorso di canzo


Il discorso di Pietro Nenni a Canzo nel 1946 rappresenta uno dei momenti emblematici della ricostruzione morale e politica dell’Italia nel dopoguerra. In un Paese ancora profondamente segnato dalla tragedia del fascismo e dalle macerie del conflitto, Nenni si presenta come voce forte del socialismo democratico, riaffermando i valori della libertà, della giustizia sociale e della sovranità popolare. Il suo intervento è impregnato di speranza e, al tempo stesso, di determinazione: l’Italia deve rinascere su basi nuove, lasciandosi alle spalle il passato autoritario.

A Canzo, Nenni parla a un’Italia stanca ma pronta al cambiamento, e lancia un appello all’unità delle forze popolari, chiedendo che il socialismo sia il motore della rinascita nazionale. Centrale è il suo richiamo alla responsabilità civile dei cittadini, soprattutto in vista del referendum istituzionale e della nascita della Repubblica. Il discorso, intriso di passione e visione politica, esprime fiducia nel popolo italiano e nella possibilità di costruire un Paese più giusto ed equo.

«O la Repubblica o il caos. Non possiamo costruire la democrazia sulle fondamenta marce della monarchia.» — Pietro Nenni

In quel momento storico, le sue parole si fanno eco di una promessa: quella di un’Italia nuova, libera e democratica.



venerdì 3 ottobre 2025

STRATEGIKOS l'arte militare romana spiegata da Onasandro


Avere una biblioteca ben fornita, anche sul piano militare, è una vera ricchezza.
L'Istituto Storico di Varallo, in questo senso, custodisce
vere e proprie chicche, alcune delle quali dedicate al mondo romano, che meritano di essere scoperte e valorizzate. Grazie a queste letture ho avuto l'opportunità di approfondire testi anche in lingua inglese (a proposito: gli storici inglesi sono davvero bravi, soprattutto per la loro capacità di sintesi e analisi), e di imbattermi in episodi poco noti ma ricchi di spunti. Sono storie che non conoscevo, ma che potrebbero rivelarsi utili e stimolanti per i prossimi lavori da scrivere. Da qui nasce il desiderio di dedicarmi allo studio di un grande conflitto antico, una guerra che ha cambiato i destini del Mediterraneo e segnato il rapporto tra due potenze mondiali dell’epoca: Roma e Cartagine. In una parola: le Guerre Puniche.

Per affrontare questo tema complesso, è utile anche capire come veniva concepito il comando militare nel mondo antico. Un testo fondamentale in questo senso è il Strategikos di Onasandro, un filosofo platonico vissuto nel I secolo d.C., che scrisse un trattato non tanto tecnico quanto etico e politico, dedicato al generale ideale. Strategikos non è un manuale tecnico di guerra, ma un trattato morale e politico sul ruolo del generale ideale. Onasandro sostiene che il comandante debba essere virtuoso, giusto, saggio e coraggioso, non solo abile nelle armi. La moralità del leader è centrale: deve essere d’esempio ai soldati, moderato nel comando, e mai crudele senza motivo.
Importante è la
disciplina, mantenuta con rispetto e giusta misura, non con paura o violenza gratuita. Il generale deve curare l’unità dell’esercito, evitare invidie e favoritismi, e ascoltare i consiglieri senza mostrarsi debole. La preghiera agli dèi prima della battaglia è essenziale, segno di umiltà e consapevolezza del proprio limite. Va evitato il combattimento inutile: meglio vincere con l’astuzia che con lo spargimento di sangue. Deve saper mantenere l’ordine anche in tempo di pace, agendo da custode dell’equilibrio civile. Il comportamento in battaglia deve essere leale, strategico e dignitoso, anche verso il nemico. In sintesi propone un modello di comandante-filosofo, guida morale oltre che militare.




Altro che Patton Gneo Domizio Corbulone il generale che riformò la disciplina militare

  Nato in una famiglia senatoria, Corbulone fu uno dei più brillanti e rispettati generali dell’Impero Romano nel I secolo d.C. La sua carr...