martedì 29 aprile 2025

Watergate il valore del giornalismo di inchiesta



Il caso Watergate rappresenta, ancora oggi, una delle pagine più iconiche del giornalismo d’inchiesta mondiale. Non si tratta solo di uno scandalo politico – e già questo basterebbe – ma del momento in cui la stampa americana ha dimostrato di poter mettere in discussione il potere assoluto, fino ai vertici della Casa Bianca.

Tutto cominciò nel 1972, con un fatto apparentemente marginale: l’irruzione di cinque uomini negli uffici del Partito Democratico all’interno del complesso Watergate, a Washington. Fu la tenacia di due giovani giornalisti del Washington Post, Bob Woodward e Carl Bernstein, a trasformare quella che sembrava una vicenda di criminalità minore in un’indagine capace di scardinare l’intero sistema politico. A fare la differenza non furono solo il coraggio e la perseveranza, ma il metodo con cui lavorarono: verifica delle fonti, prudenza, approfondimento, e un rispetto assoluto della verità. In un’epoca senza internet, senza smartphone e senza social media, la loro arma più potente era il telefono, la macchina da scrivere… e la fiducia delle fonti.

Tra queste, una ha assunto un’aura quasi leggendaria: “Gola Profonda”, il nome in codice usato per proteggere l’identità di una fonte anonima, che si rivelò poi essere Mark Felt, alto funzionario dell’FBI. Felt non fornì mai documenti clamorosi, ma indicò la strada, suggerì dove guardare, cosa incrociare, chi interrogare. È lui a dire a Woodward la celebre frase: “Segui i soldi”. Quell’invito divenne la bussola morale e investigativa dell’intera inchiesta.

La forza del caso Watergate sta anche nel contesto in cui si sviluppò: un’America divisa, uscita da poco dalla guerra del Vietnam, con una crescente sfiducia nei confronti delle istituzioni. Quando la verità emerse – intercettazioni, abusi di potere, tentativi di insabbiamento – l’opinione pubblica e la magistratura non poterono più tacere. Il risultato? Le dimissioni di Richard Nixon nel 1974: la prima e unica volta nella storia americana in cui un presidente ha lasciato la Casa Bianca prima della fine del mandato.

Il Watergate ha avuto un successo giornalistico enorme perché ha dimostrato che il giornalismo può davvero fare da contrappeso al potere. Ma soprattutto ha insegnato una lezione che vale ancora oggi: la verità richiede tempo, pazienza, rigore e indipendenza. Non basta la notizia “scoop”, servono prove, responsabilità e il coraggio di andare controcorrente.

Ecco perché, a distanza di oltre cinquant’anni, il Watergate resta un modello di riferimento. È il simbolo di un’informazione che non si limita a raccontare i fatti, ma li cerca, li smaschera e li rende pubblici, anche quando fa paura. Perché, come diceva proprio Woodward, “il giornalismo è il primo abbozzo della storia”.



venerdì 25 aprile 2025

Il Cornedo si aggiudica la prima sfida, otto giorni per preparare il ritorno in un Palabrumar che dovrà sostenere i ragazzi


 

Non è stata una trasferta fortunata per l’Orange Asti nel primo turno dei playoff, conquistati con merito qualche settimana fa. Il terzo posto finale ha messo sulla strada di Ibra e compagni una compagine che aveva già fatto male in campionato agli Orange: due sconfitte di misura, rimediate sia al Paladegasperi che al Palabrumar.

Oggi è andato in scena il terzo rendez-vous, e mai come questa volta il risultato è apparso decisamente bugiardo, viste le numerose occasioni non sfruttate e la bravura del portiere avversario, vera saracinesca umana contro cui si sono infrante le velleità degli astigiani.

Un primo tempo di studio, in cui le squadre si sono affrontate a viso aperto: più rude e fisico il calcio veneto, più tecnico quello degli uomini di Patanè. Decisivo il minuto 13, in cui prima un contropiede, poi un rimpallo fortunoso hanno favorito il Cornedo. Si è rischiata l’imbarcata quando, per ben due volte, gli attaccanti veneti hanno graziato la porta difesa da Cesari.

Nel finale del primo tempo, Montauro – dalla linea del libero – ha ridato fiato alle speranze Orange.

Una ripresa che si è aperta con l’espulsione di Curallo per doppia ammonizione. Al termine dei due minuti, Tres ha colpito per il 3-1 che ha di fatto indirizzato il match, in cui i padroni di casa hanno poi colpito altre due volte, mentre Montauro ha sorpreso da lontano Petkovic.

Inutile l’assalto finale, con il portiere di casa ancora protagonista di diversi interventi. Un risultato che punisce oltre misura e che potrebbe aver compromesso il doppio confronto.

Tra otto giorni si replica al Palabrumar: per passare il turno serve un’impresa, o meglio una vittoria con tre reti di scarto. Certo, servirebbe anche una discreta dose di fortuna, ma per la legge dei grandi numeri nulla è precluso. Anche nel futsal, come nel calcio, le serie negative sono fatte per essere abbattute.

Certo, occorrerà una grande spinta del pubblico, e su questo i ragazzi fanno affidamento.


sabato 19 aprile 2025

Droghe in guerra Pervitin e Philopon

 


La guerra ha sempre richiesto al corpo umano più di quanto fosse lecito chiedere. Resistenza, lucidità, forza, prontezza. E spesso, per ottenere prestazioni oltre i limiti naturali, si è fatto ricorso a un alleato silenzioso e inquietante: le droghe. Durante la Seconda Guerra Mondiale, il loro uso fu massiccio e sorprendentemente “istituzionalizzato”. In Giappone, ai soldati veniva somministrato Philopon, una metanfetamina che annullava il bisogno di dormire e la paura. In Germania, il Pervitin – conosciuto anche come “cioccolata dei carri armati” – veniva distribuito in milioni di compresse per sostenere le truppe nelle offensive lampo. In pochi anni, queste sostanze divennero parte integrante della macchina bellica. Non erano più semplici stimolanti: erano strumenti per potenziare il soldato, per renderlo più efficace, più obbediente, meno umano. Ma sotto l’effetto di queste sostanze, i soldati diventavano sì più resistenti, ma anche più instabili, più impulsivi, a volte allucinati. La guerra li voleva efficienti, ma a quale prezzo? Per molti, quel prezzo è stato un crollo psicologico da cui non si sono più ripresi

Ma fu durante la guerra del Vietnam che la questione assunse una portata inedita. Tra il 1966 e il 1969, l’U.S. Department of Defense distribuì oltre 225 milioni di compresse di anfetamine, soprattutto Dexedrina (dextroamfetamina), ai soldati americani. Lo scopo ufficiale era mantenerli svegli, concentrati e reattivi nelle lunghe missioni nella giungla. Le pillole venivano consegnate dai medici militari, su richiesta o come dotazione di reparto.

Accanto a questa distribuzione ufficiale, proliferava un uso parallelo e non controllato di altre sostanze: marijuana, eroina, LSD, alcol (spesso grappa o whisky portati da casa o reperiti sul campo). Secondo una stima del Congresso del 1971, oltre il 15% dei soldati americani in Vietnam era dipendente da eroina. Non si trattava più solo di migliorare le prestazioni: molti cercavano un rifugio psicologico per sopravvivere all’assurdità della guerra, o per disconnettersi dal trauma.

E oggi? Potremmo pensare che con l’evoluzione tecnologica tutto questo sia finito. In realtà, l’uso di sostanze psicoattive nel contesto militare non solo non è sparito, ma si è raffinato.

Nell’epoca dei droni e delle guerre asimmetriche, l’obiettivo non è più solo resistere alla fatica fisica, ma sostenere la pressione mentale, gestire turni estenuanti, mantenere lucidità per ore o giorni interi. Ecco perché alcune sostanze vengono usate — talvolta sotto controllo medico, talvolta in modo più ambiguo — in diversi contesti militari moderni.

Il Modafinil, ad esempio, è uno dei farmaci più diffusi tra i reparti speciali. Usato originariamente per trattare la narcolessia, permette di restare svegli fino a 40-50 ore consecutive senza i cali di attenzione tipici delle anfetamine. Viene definito spesso una “smart drug”, e ha trovato applicazione in missioni a lunga durata, soprattutto in aviazione.

Un altro stimolante usato è la Dexedrina (dextroamphetamine), impiegata ancora oggi per aumentare vigilanza e riflessi. In alcuni casi, i soldati ricevono “go pills” (pillole per “andare”) prima delle missioni, e “no-go pills” (sedativi o ansiolitici) per calmarsi una volta terminata l’operazione. È un equilibrio chimico pensato per gestire la tensione della guerra moderna, dove tutto può succedere in pochi secondi, ma l’adrenalina resta nel sangue per giorni.

C’è anche l’aspetto farmacologico legato alla gestione del trauma. Sempre più spesso si utilizzano antidepressivi, ansiolitici e beta-bloccanti in via preventiva o come protocollo standard in situazioni di stress estremo. Il rischio, ovviamente, è quello di affidarsi a una “normalizzazione farmacologica” del conflitto: curare chimicamente le ferite invisibili, senza affrontare la radice psicologica.

Il corpo del soldato, quindi, non è più solo il mezzo attraverso cui si combatte: è diventato un territorio da modificare, da adattare, da migliorare. Ma ogni pillola presa per restare lucidi, per non dormire, per non sentire la paura… è un passo verso la disumanizzazione del combattente.






domenica 13 aprile 2025

Quell'ultimo appello alla pace, purtroppo inascoltato


 

In un contesto generale di continue lotte, di massacri, e di incapacità dell’uomo di prosperare nella pace, a pochi giorni dalla Pasqua torna alle mente quello che successe più di 86 anni fa. “Le notizie degli ultimi giorni mi inducono a pensare che la crisi mondiale potrebbe essere molto vicina.” Con queste parole, nel 14 aprile 1939, Franklin Delano Roosevelt lanciò un appello diretto a Hitler e Mussolini, chiedendo garanzie che non avrebbero aggredito, per almeno dieci anni, 31 paesi tra Europa, Medio Oriente e Asia. “Tale assicurazione, se data da tutte le nazioni, potrebbe contribuire grandemente alla stabilizzazione e al progresso della civiltà moderna.” In un momento in cui il mondo sembrava sull’orlo del baratro, Roosevelt parlava di pace, cooperazione e responsabilità morale. Ma la risposta fu un tragico segnale dei tempi. Hitler, il 28 aprile, lesse il messaggio davanti al Reichstag con tono sarcastico, ridicolizzando l’appello e suscitando le risate del parlamento tedesco. Disse ironicamente: “Herr Roosevelt mi chiede di garantire la pace a trentuno paesi, alcuni dei quali non ho mai nemmeno pensato di visitare.” Le parole di Roosevelt risuonano oggi come un monito dimenticato, l’ultimo tentativo di fermare una guerra che, pochi mesi dopo, avrebbe cambiato per sempre il volto della storia

La tela di Ceretti è fatta col pluriball - spettacolo


 

Cos’è il genio ? E fantasia, intuizione, decisione e velocità di esecuzione. Questo l’incipit di Monicelli per celebrare le zingarate di amici miei. Ma nel mondo dell’informazione, dei mestieranti e di chi fa della comunicazione la propria attività amanuense è una scintilla che ti parte dentro e ti fa realizzare prodotti e lavori che all’inizio sembrano sconosciuti ai più ma poi diventano delle vere e proprie opere d’arte. Ammetto che avevo sempre sentito parlare del pluriball come di strumento di imballaggio ma mai avrei pensato di trovarlo come tela delle immagini dell’amico Stefano Ceretti. Se Biella è città creativa Unesco lo deve anche a persone come Stefano che sono in grado di inventare sempre nuovi percorsi e opportunità. Non è più solo una questione di immagine ma tattile una sorta di terza dimensione che ti porta dentro l’opera. E se le immagini della natura possono sembrare statiche l’occhio di un equino che ti scruta dalla parete dello Studio di Stefano da’ una sensazione di freschezza e di novità. Novello Prometeo Stefano aspettiamo la prossima invenzione

domenica 6 aprile 2025

Su le mani per questo Orange. Terzo posto in classifica e play off da giocare


 

Ultima di campionato tempo di verdetti e sulla ruota di Asti esce la vittoria che certifica il terzo posto dell’Orange e condanna l’Aosta alla girandola dei play out. Un pomeriggio di emozioni quello al Palabrumar con la squadra di Patanè che aumenta subito forte i giri del motore con Ibra e Vitellaro che tengono in apprensione la difesa di Tiago. Ma gli Orange non sfondano e anzi subiscono qualche pericoloso contropiede che non va a buon fine. Ma quando tutto sembra apparecchiato per il classico pareggio a occhiali Vitellaro trova il pertugio giusto e a 27 secondi dall’intervallo porta in avanti i suoi. Più grintoso il secondo tempo con le due squadre che giocano a viso aperto, aumenta il pressing con Ibra, Montauro, Vigliecca e Vitellaro, ma è Curallo di punta a trovare il meritato goal del 2 a 0. Nemmeno il tempo di esultare ed ecco che Jacopo Grosso trova una rete degna del suo marchio di fabbrica che aveva già fatto male all’Orange all’andata al Montfleury. Il 2 a 1 rimane fino alla fine. Nemmeno l’ingresso del portiere di movimento per Aosta cambia l’inerzia, anzi sul finale due volte Ibra manca il tris su un pallonetto che manda il pallone a scheggiare la traversa e sull’ultima azione quando colpisce il palo. Finisce 2 a 1 e da internet planano al Palabrumar due diverse sensazioni. Il pareggio del Cornedo certifica il terzo posto dell’Orange, mentre la vittoria dell’Avis Isola condanna Aosta ai play out. Ora qualche giorno di riposo e poi testa al post season


Orange – Aosta 2 – 1 ( 1-0 pt)

Marcatori: 19’33 Vitellaro 25’ 09” Curallo 25’30 Grosso J

giovedì 3 aprile 2025

Dazi un freno all'economia, l'eredità di Cavour ci insegna

In un'epoca in cui il dibattito sui dazi doganali torna prepotentemente alla ribalta, è fondamentale ripercorrere le lezioni della storia. Camillo Benso conte di Cavour, statista lungimirante e padre dell'Italia moderna, comprese l'importanza del libero scambio per la crescita economica. La sua visione, basata sull'abolizione delle barriere commerciali, si rivela oggi più attuale che mai.

I dazi, lungi dal proteggere le economie nazionali, si traducono in un freno allo sviluppo. Aumentando il costo delle importazioni, riducono il potere d'acquisto dei consumatori e limitano la competitività delle imprese. L'esempio di Cavour, che promosse accordi commerciali con le principali potenze europee, dimostra come l'apertura dei mercati favorisca la specializzazione produttiva, l'innovazione e la crescita del benessere collettivo.

L'imposizione di dazi genera inevitabilmente ritorsioni da parte degli altri paesi, innescando guerre commerciali che danneggiano tutti i soggetti coinvolti. Le imprese, private dell'accesso a materie prime e componenti a prezzi competitivi, vedono ridursi i propri margini di profitto e sono costrette a trasferire i maggiori costi sui consumatori.

In un mondo globalizzato, in cui le catene del valore sono interconnesse, i dazi rappresentano un anacronismo. L'esperienza di Cavour ci insegna che la prosperità economica si costruisce attraverso la cooperazione e l'integrazione, non attraverso l'isolamento e il protezionismo.

L'Italia, paese esportatore per vocazione, ha tutto da guadagnare dall'apertura dei mercati. Le nostre imprese, eccellenze nel settore manifatturiero e agroalimentare, necessitano di un accesso agevolato ai mercati internazionali per competere con successo. I dazi, al contrario, minacciano di compromettere la nostra competitività e di frenare la nostra crescita economica.

In un momento storico in cui le sfide globali richiedono soluzioni condivise, l'Europa deve riaffermare il proprio impegno a favore del libero scambio. L'esempio di Cavour, precursore dell'integrazione europea, ci ricorda che la prosperità si costruisce attraverso l'apertura, non attraverso la chiusura.

I ragazzi di Patanè vincono a Isola e vanno al quarto posto

 

Partita per cuori forti a Isola d’Asti, è un derby, i ragazzi si conoscono bene ed è una partita molto maschia in cui nulla viene lasciato al caso. Un primo tempo in cui le due squadre si affrontano a viso aperto e in cui non mancano le occasioni da una parte e dall’altra. Un equilibrio che viene spezzato da Borgnetto abile a trovarsi al posto giusto e a mettere in rete un passaggio sotto porta, per il resto Amico e Lai i due estremi difensori controllano le incursioni dei rispettivi avversari. La ripresa inizia con una magistrale azione di Merlo che tira fuori dal cilindro una conclusione a effetto che da il doppio vantaggio. Ma la partita non è in discesa Piazza accorcia e poi subito dopo Montauro trova il pertugio giusto per il momentaneo 3 a 1. Quando l’arbitro fischia un rigore per l’Orange e Angelino va sul dischetto la partita sembra ai titoli di coda. Invece Luca tira alto e sul rovesciamento di fronte Scavino accorcia. Poi Corsini d’esperienza trova il pareggio che rimette tutto in discussione. Ci vuole una magia di Ibra per trovare nuovamente il vantaggio. Tabbia si affida al portiere di movimento ma Vitellaro prima e poi Francalanci trovano il pertugio giusto e chiudono la contesa nell’ultimo minuto. Un successo che ha il sapore dei play off e una ritrovata grinta di un gruppo che ha saputo crescere e molto in questa stagione


Isola vs Orange 3 - 6 (0 - 1 pt)

Marcatori

Corsini, Piazza Scavino (isola) Montauro, Borgnetto, Francalanci, Merlo, Ibra e Borgnetto (Orange)

Coppa di Divisione buona la prima 6 a 0 all'Itar

  Ci siamo: inizia una nuova stagione da vivere con passione a bordo parquet! Nella passata stagione siamo arrivati a un soffio dal realiz...