L’europa era troppo piccola per entrambi, due dittatori con un ego smisurato, che si temevano e anche rispettavano, eppure all’alba del 22 giugno 1941 uno decise di fare le scarpe all’altro. Alle 3.15 di mattina 146 divisioni di cui 19 corazzate e 14 di fanteria motorizzata attraversarono il confine tre milioni mezzo di uomini andavano contro 202 divisioni dell’Armata Rossa di cui 171 in prima linea. Un tale movimento di uomini e mezzi non doveva certo passare inaspettato, le soffiate pure. Il lavoro dell’intelligence russa fu perfetto Ivan Proskurov capo del servizio segreto russo avverti giorni prima dell’imminente pericolo. Per l’uomo nato a Zaporisha, città tristemente nota attualmente per la guerra, per tutto ringraziamento, venne fucilato non si poteva contraddire il leader maximo che aveva predetto che la guerra con Hitler sarebbe avvenuta non prima del 1942. E che dire dei cinque soldati tedeschi disertori che passarono le linee qualche giorno prima dell’attacco. Sostenitori della sinistra cercavano la redenzione politica e storica e furono invece passati per le armi come nemici del popolo. Non solo l’agente russo a Tokyo che invece diede il giusto consiglio sul patto di non belligeranza tra giapponesi e russi, fu venduto all’impero nipponico e successivamente impiccato. Insomma le sliding door della storia anche in questo caso ci sono state, quello che poteva essere e non fu. In ogni caso mai contraddire il capo lo sa bene Berja che visse all’ombra di Stalin e che gli sopravvisse anche se per pochi mesi. Le nefandezze fatte e perpetrate gli si ritorsero contro
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