Non passa giorno se non settimana
in cui la crassa ignoranza della storia non prenda i titoli dei giornali o
delle notizie sui quotidiani. Il deficit culturale che trasuda l’italico popolo
è sempre più evidente, storia manipolata a piacimento ma anche errori marchiani.
E se da un lato abbiamo il vate della cultura come il professore Barbero che
distilla piacevoli racconti e narrazioni che appassionano molti, e il buon
Angela che racconta da par suo la storia del passato, dall’altro abbiamo episodi
che dire disarmanti è dir poco. Storie romanzate come quelle di Scurati vincono
premi pur infarcite di grossolani errori, come rimarcava Galli della Loggia. Ma
il peso del passato, le storie di quotidianità che sembrano anche simili all’attualità
incuriosiscono. Video e nuove forme di tecnologia comunicativa possono essere
il giusto viatico per aumentare curiosità e attenzione ma forse il vero futuro
di questa branca della cultura dovrà risiedere nei divulgatori. La storia ha un
fascino tutto suo se viene raccontata da una persona che sa metterne in luce
pregi e difetti, se sa infarcire il racconto, come gli antichi menestrelli che
girovagavano i villaggi, antesignani di internet, di passione e al tempo stesso
di mistero. Il futuro di un popolo si vede proprio in questo che sappia
valorizzare il proprio passato attraverso una categoria, forse vituperata ma
che deve diventare unica: l’insegnante. La storia non dovrà essere un ripiego perché
non si sa far altro, la storia dovrà avere una sua preparazione specifica che
coniughi conoscenza e narrazione, solo così potremmo evitare i pasticci della
targa di Parma tanto per fare un esempio, Svevia e non Svezia, e non è solo una
questione di una consonante
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