giovedì 20 febbraio 2020

Tutta colpa della Svevia


Non passa giorno se non settimana in cui la crassa ignoranza della storia non prenda i titoli dei giornali o delle notizie sui quotidiani. Il deficit culturale che trasuda l’italico popolo è sempre più evidente, storia manipolata a piacimento ma anche errori marchiani. E se da un lato abbiamo il vate della cultura come il professore Barbero che distilla piacevoli racconti e narrazioni che appassionano molti, e il buon Angela che racconta da par suo la storia del passato, dall’altro abbiamo episodi che dire disarmanti è dir poco. Storie romanzate come quelle di Scurati vincono premi pur infarcite di grossolani errori, come rimarcava Galli della Loggia. Ma il peso del passato, le storie di quotidianità che sembrano anche simili all’attualità incuriosiscono. Video e nuove forme di tecnologia comunicativa possono essere il giusto viatico per aumentare curiosità e attenzione ma forse il vero futuro di questa branca della cultura dovrà risiedere nei divulgatori. La storia ha un fascino tutto suo se viene raccontata da una persona che sa metterne in luce pregi e difetti, se sa infarcire il racconto, come gli antichi menestrelli che girovagavano i villaggi, antesignani di internet, di passione e al tempo stesso di mistero. Il futuro di un popolo si vede proprio in questo che sappia valorizzare il proprio passato attraverso una categoria, forse vituperata ma che deve diventare unica: l’insegnante. La storia non dovrà essere un ripiego perché non si sa far altro, la storia dovrà avere una sua preparazione specifica che coniughi conoscenza e narrazione, solo così potremmo evitare i pasticci della targa di Parma tanto per fare un esempio, Svevia e non Svezia, e non è solo una questione di una consonante

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