foto gazzetta
Il giro del centenario consacra e
celebra le figure dello sport che hanno reso grande l’arte del ciclismo, e fra
questi grandi un genio quello di Marco Pantani, troppo presto crocefisso sull’altare
dello sport corrotto. Tra un Armstrong Metronomo capace di vincere, pardon
sgraffignare sette grandi boucle consecutive e un istrionico pedalatore come
Marco non c’è paragone. La sua impresa dal Bottalino a Oropa imperversa sempre
sulle tv di stato come l’impresa. Ieri alla presentazione della Corsa Rosa
Oropa è stata chiamata la Montagna di Pantani, più del Mortirolo, che di fatto
sancì la sua scoperta. E allora è tutto un rivedere quelle tappe, quei
pomeriggi dei weekend spesi alla tv per vedere quel minuto pelata con la
bandana salire con un altro rapporto, con una pedalata sublime. E a Biella nel
1999 da 133 nella classifica parziale a primo in solitario. Un epica impresa.
Quel giorno a Oropa guardando sullo schermo i suoi scatti, i suoi sorpassi,
continui, numerosi, nervosi e il suo incidere verso il Prato delle Oche arrivo
di quella che tutti chiamarono la cronometro umana. Non mi importa sapere che
quel giro e quella maglia non finirono sulle sue spalle, troppi veleni, troppe
verità nascoste. Per me l’inno al ciclismo che si sviluppo sulle rampe della
nera quel giorno fu unico, inimitabile. A cent’anni dall’idea un omaggio
doveroso a chi quell’idea la sviluppata in modo degno e immortale. Grazie Marco
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