L’europa era troppo piccola per entrambi, due dittatori con un ego smisurato, che si temevano e anche rispettavano, eppure all’alba del 22 giugno 1941 uno decise di fare le scarpe all’altro. Alle 3.15 di mattina 146 divisioni di cui 19 corazzate e 14 di fanteria motorizzata attraversarono il confine tre milioni mezzo di uomini andavano contro 202 divisioni dell’Armata Rossa di cui 171 in prima linea. Un tale movimento di uomini e mezzi non doveva certo passare inaspettato, le soffiate pure. Il lavoro dell’intelligence russa fu perfetto Ivan Proskurov capo del servizio segreto russo avverti giorni prima dell’imminente pericolo. Per l’uomo nato a Zaporisha, città tristemente nota attualmente per la guerra, per tutto ringraziamento, venne fucilato non si poteva contraddire il leader maximo che aveva predetto che la guerra con Hitler sarebbe avvenuta non prima del 1942. E che dire dei cinque soldati tedeschi disertori che passarono le linee qualche giorno prima dell’attacco. Sostenitori della sinistra cercavano la redenzione politica e storica e furono invece passati per le armi come nemici del popolo. Non solo l’agente russo a Tokyo che invece diede il giusto consiglio sul patto di non belligeranza tra giapponesi e russi, fu venduto all’impero nipponico e successivamente impiccato. Insomma le sliding door della storia anche in questo caso ci sono state, quello che poteva essere e non fu. In ogni caso mai contraddire il capo lo sa bene Berja che visse all’ombra di Stalin e che gli sopravvisse anche se per pochi mesi. Le nefandezze fatte e perpetrate gli si ritorsero contro
domenica 23 giugno 2024
domenica 9 giugno 2024
I cattivi maestri che interpretano la storia, quanti travagli
Gli ottant’anni dallo sbarco in Normandia sono diventati per colpa di alcuni mezzibusti una macchietta e un meme continuo. Il confine cacofonico tra Normandia e Lombardia ha fatto si che da commemorazione e da festa di liberazione la battaglia dell’Europa sia diventata un inutile orpello a vantaggio di un retorica che ne ha eso a minimizzare i contenuti. L’editoriale di Travaglio sul fatto ne è un curioso esempio. Il giornalista ricordando l’evento e non meglio identificati storici ha scritto che “lo sbarco fu un inutile massacro di soldati mandati al macello senza preparazione ne copertura, un flop che sortì l’effetto di ringalluzzire i tedeschi“. Un delirio di affermazione senza un costrutto ne storico ne di analisi. La preparazione ci fu eccome con uno sforzo bellico di prim’ordine, la battaglia fu cruenta e in due mesi i tedeschi furono spazzati via e dopo la liberazione di Parigi le forze alleate marciarono verso la Germania, la guerra non sarebbe certo finita se gli Americani fossero rimasti in disparte a curarsi nel pacifismo intransigente dei travaglio. Altro tema portato avanti gli Ucraini erano alleati dei tedeschi, certo, assolutamente, ma il giornalista si dimentica che nel 1932/33 Stalin di fatto fece uccidere milioni di ucraini (la stima parla di 7 milioni) mettendoli alla fame, logico ipotizzare che nel momento in cui la Wermacht attaccò la Russia, gli Ucraini corressero in massa ad aiutare i tedeschi. Uno degli ultimi bandi di reclutamento nel 1943 vide oltre 300 mila ucraini chiedere armi per difendersi dall’arrivo dei russi. E ricordiamo tra l’altro che i russi erano alleati di Hitler nell’aggressione alla Polonia (Katyn e 40.000 ufficiali polacchi massacrati con un colpo alla nuca sono stati effettuati su mandato di Stalin). Poi solo la grandeur di Hitler lo portò a sbagliare il bersaglio attaccando ad est. Ecco sarebbe utile che nel momento in cui si fanno analisi geopolitiche lo studio della storia fosse fatto in maniera seria e non manipolandola a proprio favore. Ma ho la vaga impressione che sia fatica sprecata.
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