Un
regista come Martinelli aveva fatto discutere ai tempi di Barbarossa, forse
troppo banalmente politicizzato, ma avevo apprezzato sia il film sulla diga del
Vajont e Piazza cinque lune sull’affaire Moro.
Ieri sera ho avuto la fortuna di assistere alla proiezione della sua
ultima fatica “Ustica” e di intervistarlo prima della stessa, ne è venuta fuori
una bella serata di riflessione, sia attraverso le immagini, che nel successivo
dibattito in cui sono state approfondite alcune tematiche legate all’Italia
degli anni ottanta. Come al solito, l’Italia è il paese dei complotti mal
gestiti, però nel caso di Ustica, di quelle povere 81 vittime giunte nel posto
sbagliato al momento sbagliato, quello che emerge è un paese dilaniato dalla
menzogna e dalla ragion di stato. Nel leggere le pagine dell’istruttoria si
percepisce come andò veramente in quel tardo pomeriggio del 27 giugno 1980.
Troppi aerei militari in volo, una scenario di guerra, posizioni da difendere a
ogni costo, una classe politica inesistente. Un tragico errore quella sera, l’aereo
americano andò a cozzare contro il DC9 e fu tragedia. Ammettere la colpa e la
disgrazia poteva agli occhi dell’opinione pubblica essere, e sarebbe stato
forse così, un prezzo troppo alto da pagare per gli equilibri e gli scenari
europei e mondiali. Cominciò così un calvario di depistaggi, di non ricordo, di
sotterfugi, di morti sospette e di scomparse indotte, per cosa ? Il regista lo
dice chiaramente, la ragion di Stato. Ma non dovremmo essere noi lo Stato? il
1980 era un anno terribile per la credibilità politica italiana, si stava per
uscire dal terrore della lotta armata, misteri da risolvere, agguati e bombe (2
agosto Bologna) e quella sera la battaglia da cui uscirono come vittime
collaterali i passeggeri dell’Itavia. Il film di Renzo Martinelli restituisce
seppur a distanza di 35 anni un riconoscimento tardivo a quelle persone e alle
loro famiglie. Rimane solo nell’aria una domanda a cui purtroppo nessuno darà
mai una risposta compita perché ?
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