Giocare senza pubblico è come giocare in un cimitero, questa la profetica frase emessa dal Pibe de oro dopo la partita Real Madrid Napoli del 16 settembre 1987, in tempi di covid quanto mai determinante, perché lui era così un uomo del popolo per il popolo. Amava la gente ed era riamato, genio e sregolatezza in tutto e per tutto, un dono innaturale tra i piedi. Per chi negli anni ottanta ha vissuto parte delle domeniche allo stadio, la sua presenza era comunque garanzia di spettacolo oltre che di divertimento, a San Siro in occasione di Milan Napoli prima della partita si sfidavano due ragazzetti in erba con le parrucche di Gullit e di Diego. Era un calcio non troppo fisico ma tecnico, fatto di sombreri, di rulete e di rabone, era il calcio in cui l’atleta più che il fisico curava l’estro, in cui i difensori non cercavano l’anticipo ma la caviglia direttamente (Goikoetxea fu un esempio in tal senso). Per il sottoscritto ha rappresentato la prima rete vista a San Siro una delizia, non era ancora il Milan degli olandesi in quel 13 aprile 1986, ma c’era il barone Liedholm che per fermarlo, ma non gli riuscì, gli mise intorno una gabbia. Ritmi ed eccessi anche fuori dal campo, non certo un campione di comportamento ma forse per tutte quelle sue pecche irrimediabilmente umano e fallace e vicino a noi a quei ragazzini e uomini che prendevano la dieci e si cimentavano in improbabili azioni sui campi di periferia, quelli pieni di buche e di avvallamenti, non certo quelli dell’erba artificiale. Lui era il re sul campo, fuori tutto gli stava stretto e probabilmente quello gli ha rovinato il resto della sua vita. E il 4 gennaio 1988 ero ancora li a San Siro a godermi lo spettacolo di un Colombo, che assomigliava al Keegan della Brianza al secolo Ruben Buriani, che correva a perdifiato, con una prestazione super di Gullit e di un Milan quanto mai a immagine e somiglianza di Arrigo Sacchi e che annichilì il Napoli di Maradona. Era il calcio degli ottantamila a San Siro, delle domeniche pomeriggio, delle trasferte era il calcio senza la TV
mercoledì 25 novembre 2020
Era il re del calcio senza la TV
Giocare senza pubblico è come giocare in un cimitero, questa la profetica frase emessa dal Pibe de oro dopo la partita Real Madrid Napoli del 16 settembre 1987, in tempi di covid quanto mai determinante, perché lui era così un uomo del popolo per il popolo. Amava la gente ed era riamato, genio e sregolatezza in tutto e per tutto, un dono innaturale tra i piedi. Per chi negli anni ottanta ha vissuto parte delle domeniche allo stadio, la sua presenza era comunque garanzia di spettacolo oltre che di divertimento, a San Siro in occasione di Milan Napoli prima della partita si sfidavano due ragazzetti in erba con le parrucche di Gullit e di Diego. Era un calcio non troppo fisico ma tecnico, fatto di sombreri, di rulete e di rabone, era il calcio in cui l’atleta più che il fisico curava l’estro, in cui i difensori non cercavano l’anticipo ma la caviglia direttamente (Goikoetxea fu un esempio in tal senso). Per il sottoscritto ha rappresentato la prima rete vista a San Siro una delizia, non era ancora il Milan degli olandesi in quel 13 aprile 1986, ma c’era il barone Liedholm che per fermarlo, ma non gli riuscì, gli mise intorno una gabbia. Ritmi ed eccessi anche fuori dal campo, non certo un campione di comportamento ma forse per tutte quelle sue pecche irrimediabilmente umano e fallace e vicino a noi a quei ragazzini e uomini che prendevano la dieci e si cimentavano in improbabili azioni sui campi di periferia, quelli pieni di buche e di avvallamenti, non certo quelli dell’erba artificiale. Lui era il re sul campo, fuori tutto gli stava stretto e probabilmente quello gli ha rovinato il resto della sua vita. E il 4 gennaio 1988 ero ancora li a San Siro a godermi lo spettacolo di un Colombo, che assomigliava al Keegan della Brianza al secolo Ruben Buriani, che correva a perdifiato, con una prestazione super di Gullit e di un Milan quanto mai a immagine e somiglianza di Arrigo Sacchi e che annichilì il Napoli di Maradona. Era il calcio degli ottantamila a San Siro, delle domeniche pomeriggio, delle trasferte era il calcio senza la TV
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